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La trasmissione Presa diretta ha dedicato l'intera puntata di lunedì sera alla lotta alla ndrangheta per come declinata nell'inchiesta "Rinascita Scott". Chiariamo subito una cosa: la ndrangheta in Calabria c'è ed è una cosa drammaticamente seria dal momento che, come sempre ed ovunque, tende ad accompagnarsi con il traffico di droga, l'uso della violenza, la pratica dell'usura ed il costante tentativo di intimidire i cittadini e corrompere funzionari pubblici, politici e appartenenti alle forze dell'ordine. Focalizzare, così come hanno fatto le telecamere di Presa diretta, queste cose in terra di ndrangheta ci è sembrato persino banale. Farcele vedere di nuovo è come fare un servizio sull'acqua alta a Venezia o sulla nebbia in Val Padana pretendendo di rivelarci chissà quale novità. A meno che non si voglia "impressionare" e portare fuori strada l'opinione pubblica e dare una lettura distorta sul perché, nonostante le centinaia di "retate" , la ndrangheta sia riuscita a fare un salto di "qualità" trasformandosi nel giro di qualche decennio, da una modesta e, a volte, pittoresca associazione di uomini di malavita, in una delle più terribili organizzazioni criminali dell'Europa occidentale. Se il dottor Iacona, conduttore di Presa Diretta, ci avesse aiutato a comprendere come tutto ciò è stato possibile, avrebbe dato un importante contributo alla verità. Invece ha puntato alla lettura della realtà calabrese utilizzando solo la "filigrana" di Rinascita Scott, pur essendo questo un processo alle prime battute. Per farlo è stato necessario presentare come credibili pentiti e collaboratori di giustizia che potrebbero non esser ritenuti tali dai giudici e come sicuri colpevoli imputati (anche incensurati) che potrebbero essere assolti da ogni accusa. Mortificando così la presunzione di innocenza ed il ruolo stesso degli avvocati impegnati nella difesa. Iacona, per esigenze estranee alla trasmissione, ha voluto presentare Rinascita Scott come la "madre" di tutte le inchieste quando invece è in assoluta e perfetta continuità con le cento inchieste precedenti che hanno avuto tutte le stesse caratteristiche: l'altissimo numero di arrestati, un impiego massiccio di militari, le prime pagine sui giornali, l'inclusione di qualche personaggio noto, le luci della ribalta sul pm. Finora però quasi tutte le "grandi inchieste" precedenti che hanno ritmato la storia della Calabria, da "Stilaro" a "Marine", a "Circolo formato" (che si appena conclusa), a "Lande desolate" sono state dei grandi flop che hanno portato alla assoluzione di quasi tutti gli imputati e prodotto dubbi, scetticismo e rassegnazione nell'opinione pubblica calabrese, stretta tra una mafia aggressiva da un lato e la giustizia sommaria dall'altro. Oltre che ad un grande spreco di risorse pubbliche ed umane. Come abbiamo detto sabato scorso , la trasmissione Presa Diretta, nel febbraio del 2014, aveva usato la stessa tecnica, la stessa regia e lo stesso Pm come protagonisti nell'inchiesta "New Bridge". Senza però trarre le necessarie conseguenze sul fatto che, su decine di imputati per mafia coinvolti in quella inchiesta, uno solo (dico1) è stato condannato con il 416 bis. Nella trasmissione di lunedì sera, volendo far apparire il dottor Gratteri come l'alfa e l'omega della lotta alla ndrangheta, Iacona ha molto insistito sul fatto che, prima del suo arrivo, la procura di Catanzaro fosse una specie di porto di mare per tutti i mafiosi. Ma se così è, non si capisce proprio perché non abbiano fatto parlare il suo predecessore, un anziano procuratore della Repubblica, rispettato da tutti? Perché non si è fatto parlare l'ex procuratore generale di Catanzaro Otello Lupacchini, trasferito ad altra sede perché ha osato avanzare qualche, pur correttissima, critica verso i metodi usati in Rinascita Scott? Così come è stata concepita la trasmissione Presa Diretta non aiuta a capire la realtà, anzi ci porta su un binario morto. Quello che è più inquietante è la sensazione (ma è qualcosa in più) che alcuni magistrati cerchino legittimazione e successo non ricercando la giustizia e la verità ma stabilendo rapporti forti con la stampa e soprattutto con giornalisti affermati e trasmissioni famose. Una cosa è certa: il successo così strappato (ma non meritato) può essere giocato nell'immediato su tutti i tavoli che contano. Ed infatti l'inchiesta "New Bridge" è stata utilizzata come possibile lasciapassare per far transitare il dottor Gratteri da un ufficio della Procura di Reggio Calabria a quello di ministro della Giustizia. Non saprei dire oggi a cosa si tende! Se veramente lo volesse, il conduttore di Presa Diretta sarebbe ancora in tempo ed avrebbe mille modi, tutti onorevoli, per riparare gli errori fatti finora e contribuire a sconfiggere la ndrangheta con una sana informazione di cui si sente un gran bisogno. Perché tanto Iacona che Gratteri dovrebbero capire che proprio la verità è il necessario antidoto per sconfiggere la ndrangheta.