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Non è certamente un caso che da tempo le istituzioni si concentrino sull’importanza della figura dell’avvocato, arrivando a ipotizzare di riconoscerle un rilievo più esplicito sul piano costituzionale, per il tramite della modifica dell’articolo 111, sì da rafforzarne la sua libertà, autonomia, indipendenza nell’ambito del sistema giudiziario, quale sua parte fondamentale.
Eppure, sebbene l’inserimento in Costituzione sia in linea anche con la riforma Cartabia - come attentamente osserva il vicepresidente del Csm, l’avvocato David Ermini, con il quale chi scrive ha condiviso un importante seminario sul tema a Torino - e sebbene diverse forze collaborino per rafforzare lo spirito costruttivo in seno a questo ambizioso progetto, non mancano le campane fuori dal coro e c’è chi, ancora oggi, ritiene che la Giustizia sia lenta per i troppi avvocati.
Chi scrive ha letto nelle scorse settimane le pagine de La Stampa ove il già procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone esprime alcuni concetti che limiterebbero i principi del giusto processo, come lucidamente osservato su queste pagine da Valentina Stella. Ci si vuole, ora, soffermare sull’affermazione secondo cui la lentezza della giustizia sarebbe determinata dall’elevato numero degli avvocati abilitati al patrocinio in Cassazione.
Che il sistema penale italiano sia strutturato su più livelli di giudizio affinché vengano ridotti, al minimo, gli errori giudiziali è un dato di fatto e questa non è la sede per riprendere i più che condivisibili ragionamenti circa la battaglia contro la possibilità di appello da parte della Procura in caso di assoluzione dell’imputato; parimenti è un dato di fatto che la nuova disciplina dell’Ordinamento della professione forense (legge 31 dicembre 2012 n. 247) abbia modificando il sistema di accesso all’Albo speciale dei patrocinatori avanti alle giurisdizioni superiori, stabilendo che tale iscrizione - dopo il 2 febbraio 2022 - possa essere richiesta al Cnf da chi sia iscritto in un Albo ordinario circondariale da almeno 5 anni e abbia superato l’esame ex legge 1003 del 1936 e Regio decreto 9 luglio 1936, n. 1482, nonché da chi abbia maturato un’anzianità di iscrizione all’Albo di otto anni e abbia proficuamente frequentato la Scuola superiore dell’Avvocatura. Questo è un punto di partenza di primaria importanza che già va ad imporre un vaglio non di poco conto.
L’idea, però, che l’opinione pubblica si potrebbe fare sulla base della suggestiva affermazione relativa all’associazione fra “lentezza dei processi” e “troppi avvocati” va vigorosamente sfatata e non per doveri di categoria ma per obiettivi motivi di carattere tecnico, procedurale e, infine, deontologico. Andiamo per punti.
L’avvocato è sempre stata una figura difficile per la democrazia; come osservavano i colleghi nel saggio “L’Avvocato necessario” (di F. Gianaria ed A. Mittone) proprio l’avvocato difensore è garanzia essenziale per il cittadino: finché l’avvocato è libero di scegliere chi assistere, se presentare o meno mezzi d’impugnazione, ricorsi e gravami e goda d’indipendenza massima, il cittadino che non ha commesso reati sa “che qualsiasi cosa gli accada, in qualsiasi circostanza si trovi, potrà avere un difensore. La garanzia che il colpevole sia difeso rassicura l’innocente. E alimenta la democrazia”.
Il difensore è, per dettami deontologici, il primo baluardo di screening circa la fondatezza o meno in ordine alla presentazione di cause e mezzi d’impugnazione, come già chi scrive faceva notare su queste pagine negli accesi giorni di esame parlamentare della riforma Bonafede sulla prescrizione. La falcidia dell’inammissibilità dei ricorsi impone il necessario preliminare studio, ex ante, da parte dell’avvocato in ordine all’esito dell’atto difensivo medesimo; e non si dica che si ricorre in Cassazione per puntare alla prescrizione (o alla prossima cosiddetta improcedibilità) in quanto tale affermazione è un orrore giuridico a mente della manifesta infondatezza dei motivi che rende inoperante il decorso del tempo prescrizionale.
Pur ragionando a lungo non si arriva a capire come la riduzione del numero degli avvocati cassazionisti dovrebbe condurre all’accelerata della Giustizia o, ancora, alla riduzione del numero dei ricorsi.
È il Patto Internazionale sui diritti civili e politici che garantisce il diritto al “riesame” della colpevolezza, e il ricorso in Cassazione è strumento che volge in tal senso, col limite di eseguire il solo controllo di legittimità, escludendo l’assunzione di prove diverse da quelle documentali. Pertanto i correttivi sono già intrinseci al Sistema medesimo e l’avvocato nulla può su questi se non osservarli, adempiere al proprio incarico e difendere l’Assistito contro ogni accusa.
Come rimediare alla invocata lentezza? Non già riducendo il numero dei difensori abilitati avanti le Giurisdizioni superiori ma investendo abbondantemente in risorse presso i Palazzi di Giustizia. La lentezza si annida: 1) nella fase delle indagini preliminari, per carenza del numero dei magistrati inquirenti applicati agli Uffici di Procura; 2) nelle udienze preliminari, per carenza di un vero ed effettivo filtro procedurale, ove il Gup pare esser stato spogliato dei propri poteri decisionali; 3) per mancanza di personale di segreteria e di cancelleria che porta un ritardo nelle notificazioni e negli adempimenti; 4) per carenza di numero di giudici presso le Corti d’Appello e presso i Tribunali territoriali. E l’elenco potrebbe proseguire.
Non si dimentichi la mancata riforma circa lo snellimento dell’intero processo penale e l’inascoltato consiglio di sopprimere l’appello avverso le sentenze di proscioglimento.
Auspica pertanto la Presidente Masi, quanto lo scrivente, di ripartire proprio da quella riforma ad esordio citata, ora depositata in Senato, con l’obiettivo di raggiungere “il rafforzamento dello Stato di diritto e dell’intera giurisdizione a favore dei cittadini”.
L’Avvocatura non può e non deve essere additata per carenze che vanno imputate a scelte politiche o di budget finanziario, dovendo preservare il proprio ruolo di Parte nel Sistema Giustizia, al pari delle altre Parti, Inquirente e Giudicante.
*Avvocato, direttore Ispeg