La conversazione sarebbe durata una ventina di minuti.

Al termine Marco Pannella annuncia lo stop dello sciopero della sete, intrapreso per denunciare la terribilità delle condizioni dei detenuti e delle carceri italiane.

“Ma sia coraggioso, Eh! Anche io l'aiuterò, contro questa ingiustizia...”.

Così Papa Francesco a chiusura della sua telefonata al leader radicale fatta per accertarsi delle sue condizioni di salute. “Io ne parlerò di questo problema, ne parlerò dei carcerati”, aggiunge.

Una promessa è una promessa e se si esclude il Giubileo dei carcerati, celebrato nel 2016 a Roma, nella tanto sospirata attesa, si continuano a contare numerosi suicidi.

Cinquantaquattro, cinquantasei o cinquantotto - si sbaglia anche a contare - dolorose morti anche di giovanissimi “solo” in questa prima parte del 2024.

Ci sono poi i tentati suicidi, gli atti di autolesionismo, i decessi per mancanza di adeguate cure, i suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria: sintomi e spia di un disagio e di un malessere profondi.

Che dire delle violazioni all’articolo 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo a carico dell’Italia, del comportamento delle autorità carcerarie del nostro Paese che non ha profuso tutti gli sforzi - che erano ragionevoli attendersi - per impedire il suicidio di un detenuto che aveva mostrato segni di debolezza psichica?

Che dire di quella prerogativa, non sentita come urgente, di ispezionare carceri e condizioni dei detenuti, di donne e uomini, deputati e senatori della Repubblica, da esercitare seriamente, necessariamente e sistematicamente?

“Attraversammo estati di fuoco, rivolte e repressioni nelle ‘ case di pena’ italiane, giornate intere, dall’alba al tramonto, da una cella all’altra, da Poggioreale all’Ucciardone, dalle “Nuove” a San Vittore e Regina Coeli, a Volterra o Trani, Palmi o Badu e Carros, dall’Asinara a Pianosa, con detenuti e agenti di custodia, con direttori, medici e cappellani; sulla scia di suicidi e suicidati, nel bel mezzo di regni ferocemente ordinati dei boss, della ferocia terroristica interna e moltitudini ammassate come bestie, sempre meno e meno numerosi in condizioni di comprendere e di essere informati sulla propria “situazione giudiziaria”, nemmeno dai propri avvocati, per quanti ne avessero”.

Così andava ripetendo Pannella in più occasioni, e le occasioni sono state tante come se fosse oggi.

Un suicidio non è mai un evento privato: è un evento sociale di cui tutti dovremmo sentirne il peso.

Perché intercettare i segnali d’allarme si può, si deve a maggior ragione nei luoghi che dovrebbero essere dedicati alla rieducazione di una persona e si trasformano spesso in veri e propri mattatoi.

Come non sentire la responsabilità dei tre suicidi avvenuti in neanche 24 ore, due dei quali appena ventenni?

“Sperimentare il trauma derivante dalla perdita di un caro per suicidio è un evento ‘ catastrofico’ simile all'esperienza in un campo di concentramento”, così l'Associazione Americana di Psichiatria.

Sono ormai troppi in Italia coloro che tentano di sopravvivere alla perdita di una persona cara per suicidio.