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custodia cautelare in carcere
Firmato un importante protocollo di intesa tra la Conferenza islamica italiana e il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria per poter garantire l'assistenza spirituale e religiosa ai detenuti musulmani ( CII).
Alcuni giornali, quando è stata preannunciata l’iniziativa, hanno mosso critiche. Invece è di fondamentale importanza. C’è il problema della radicalizzazione in carcere e dell’iman “fai da te” che non può risolversi esclusivamente attraverso la repressione. L’anno scorso, la vicenda di Carlito Brigande, al secolo Vulnet Maqelara, macedone di 41 anni, passato per la guerriglia in Kosovo nelle file dell’Uck, poi la criminalità comune, e infine fuggito a Roma perché inseguito da un mandato di cattura, rilancia il tema del proselitismo islamista nelle carceri. Carlito l’avevano fermato in carabinieri nel novembre dell’anno scorso, nel corso di un ordinario controllo sul territorio. Arrestato e perquisito, in casa gli avevano trovato materiale inneggiante alla Guerra Santa. Si è scoperto successivamente che era stato indottrinato nel carcere di Velletri da un imam fai- da- te tunisino, Firas Barhoumi, che non a caso ora combatte in Iraq, e che Carlito voleva raggiungerlo per immolarsi come martire della Guerra Santa. Quindi, l’accordo stipulato tra il Dap e la CII va inquadrato in questa ottica: prevenire il proselitismo islamista in carcere.
Il protocollo d'intesa stipulato con il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, dal dottor Bernardo Petralia, e insieme, dalla CII e dal Centro Islamico Culturale d'Italia - Grande Moschea di Roma unico ente islamico riconosciuto dallo Stato italiano, va inquadrato nell'impegno di collaborazione assunto dalle due organizzazioni islamiche per la formazione degli imam e contro, appunto, il preoccupante fenomeno della radicalizzazione in carcere.
L'accordo per poter garantire l'assistenza spirituale e religiosa ai detenuti, si inserisce nel quadro di un percorso di reinserimento nella società civile, ai sensi dell'Art. 27 della Costituzione della Repubblica, e disciplinata dalla legge n. 345 del 1975 e del Dpr n. 230 del 2000 - Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà.
In tema, proprio l'art. 1 dell'ordinamento penitenziario stabilisce che il ' trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona. Il trattamento è improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e credenze religiose (…)' «La procedura - ha spiegato il segretario generale, Abdallah Cozzolino - prevede nel dettaglio che la CII fornisca alla direzione generale dei detenuti un elenco di nominativi di imam che dovranno ricevere il nulla osta dalla Direzione Centrale degli Affari dei Culti dell'Interno. La lista dei nominativi dovrà contenere indicazioni della Moschea ove ogni imam esercita stabilmente l'attività di culto, nonché la scelta della provincia, in numero massimo di 3, nell'ambito della quale gli imam intendano prestare la propria assistenza».
Nonostante la mancanza di un'intesa con le comunità islamiche e l'assenza di una legge generale sulla libertà religiosa, l'impegno della CII è orientato nella tutela dei diritti fondamentali attraverso le opportune forme di collaborazione con le Istituzioni. «Intendo rivolgere il mio ringraziamento al Ministro Bonafede - ha detto il presidente Mustapha Hajraoui della CII - e a tutti i funzionari e dirigenti del Dap, per la fiducia che ci hanno accordato con la firma del Protocollo. Queste sono le testimonianze concrete e tangibili di come l'intero Governo sostenga il percorso di collaborazione e integrazione fra le associazioni islamiche e lo Stato».