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Anni fa il direttore di un giornale, di un quotidiano importante, politicamente schierato, descrisse così la vigilia di una grande manifestazione, di quelle che portano in piazza San Giovanni a Roma qualche centinaio di migliaia di militanti: «Noi siamo gente poco abituata a scendere in piazza. La domenica ci piace andare per pasticcerie, piuttosto che in corteo. Ma adesso diciamo basta, siamo stufi», e via proclamando, come si conviene. L’antefatto forse non aiuta. Ma un po’ sì. Bisognava esserci, ieri mattina, quando su youtube è partita la lunga diretta streaming degli “Stati genarali delle Professioni italiane”, e c’erano migliaia e migliaia di messaggi che un minuto dopo l’altro accompagnavano gli appelli dei leader, le videoclip dei presidenti di quei 23 Ordini alleati. “Carlo Fidanza, consulente del lavoro, Bergamo: ci sono”. “Amedeo de Carolis, avvocato, Salerno: presente”. Solo per dire, con discrezione, di aderire. Da remoto. Perché un evento in piazza non è possibile. Non per gente che forse non necessariamente di domenica va “per pasticcerie”, ma che è certamente impegnata a tutelare i diritti. A cominciare da quello alla salute.
La piazza, virtuale, è questa. Dal palco, pure virtuale, i promotori, i 23 Ordini, coordinati dal Cup e dalla Rete delle professioni tecniche, presentano il loro “Manifesto delle professioni per la rinascita dell’Italia”. Dieci richieste, anzi suggerimenti, al governo. Dalla fine dell’embargo attuato col decreto Rilancio, che non ha riconosciuto al mondo ordinistico «la parità di accesso alle misure di incentivo al lavoro e di sostegno nella fase di emergenza», a un decisivo e «credibile» piano di «semplificazione normativa». Dalla «catalogazione dei patrimoni ambientali e culturali del Paese» alla sua «digitalizzazione». Fino alla necessità di «ridurre la pressione fiscale» e di «promuovere un fondo per lo sviluppo professionale sostenibile». Idee sul tavolo, messe per sfidare, in senso buono, il governo.
E dall’esecutivo arriva più di una risposta. La prima è firmata Stefano Patuanelli, titolare dello Sviluppo economico: «Le professioni saranno presenti agli Stati generali dell’economia annunciati dal premier Giuseppe Conte», assicura nel suo intervento. Poi Nunzia Catalfo, ministra del Lavoro, inevitabile destinataria delle richieste di sostegni economici analoghi a quelli concessi alle altre partite Iva: «Non decido io», dice, «sull’estensione ai professionisti del finanziamento a fondo perduto», quello per intenderci che consentirebbe a chi deve tenere in piedi uno studio professionale di poter andare ben oltre l’eventuale bonus da 600 euro confermato per aprile e maggio. «Deciderà il Parlamento, dove saranno possibili emendamenti», dichiara Catalfo. Che ricorda «la possibilità di ampliare a tutti l’utilizzo della cassa integrazione, anche ai liberi professionisti con un solo dipendente, cosa mai successa prima e gli indennizzi dei tre mesi». Possibilità considerata dalla ministra «un’importante attenzione del dicastero del Lavoro verso i professionisti». Però lei stessa deve comprendere che la partita non può immaginarsi chiusa col risultato finora acquisito. Tanto è vero che si sbilancia sul «nuovo fondo competenze: so che c’è una proposta emendativa per ampliarlo non solo alle imprese ma ai datori di lavoro in generale, e io», spiega, «sono favorevole e ho una buona idea che lo possano utilizzare anche i liberi professionisti».
Si tratta di ipotesi. Comunque da Catalfo una vera notizia arriva: potrebbe partire a breve «l’erogazione dell’indennizzo», ossia del bonus, «visto che il decreto interministeriale è stato firmato da me e dal ministro dell’Economia e ora si aspetta il via libera della Corte dei conti». Sul “reddito di ultima istanza” osserva che «il dl Rilancio ha previsto all’articolo 78 un allargamento della platea a tutti coloro che hanno un contratto a tempo determinato e sono iscritti all’Inps».
Il nodo dei finanziamenti a fondo perduto resta eccome. Lo ricorda Marina Calderone, presidente del Cup, Comitato unitario degli Ordini e Collegi professionali che è stato motore instancabile dell’iniziativa di ieri, insieme con la Rete delle professioni tecniche, coordinata dal presidente degli ingegneri Armando Zambrano. «Sarebbe giusto che la assimilazione alle imprese avvenga anche quando implica il riconoscimento di benefici», fa notare Calderone. Che parla in un video registrato diversi giorni prima dell’evento, al quale non interviene in diretta perché colpita da un grave lutto. Lo annuncia il professor Ignazio Marino, della Fondazione studi Consulenti del lavoro, che si offre con brillante esito quale conduttore della diretta streaming, durata 2 ore e mezza, assai più del previsto. Zambrano rivolge a Calderone un saluto affettuoso, poi ricorda, in studio con Marino, che «la sussidiarietà richiede che si dia ascolto alle nostre proposte, che si riconosca il nostro ruolo, il nostro contributo di competenza per la rinascita de Paese. Ora», avverte Zambrano, «manca un progetto per ripartire davvero. Dovrebbe essere imperniato», appunto, «sui temi della semplificazione, del superamento della burocrazia e dell’incapacità di decidere che vede Stato ed enti locali troppo spesso paralizzati dai conflitti». E viene così presentato il “Manifesto” con le dieci idee. Tocca quindi ai presidenti degli Ordini. La prima a parlare, con il proprio videomessaggio, è la presidente del Cnf Maria Masi. «Ancora una volta siamo stati discriminati, noi avvocati e tutti i professionisti: quasi una scelta punitiva», ricorda.
Eppure, come fa notare anche la Federazione dei medici, che sostiene l’evento “dall’esterno”, «noi siamo i garanti dei diritti costituzionali, da quello alla salute, alla difesa in giudizio». Una ben strana tendenza punitiva nonostante, dice Umberto Ambrosoli, «i professionisti costituiscano un bagaglio di esperienza capace di incontrare bisogni della collettività: sono spinti ad avanzare proposte non per il loro potere, ma in nome dell’interesse generale». Subito dopo, il live streaming sul canale youtube “Professioni italiane” propone le immagini dei tanti medici, ingegneri, professionisti di ogni Ordine, uccisi dalla criminalità, a cominciare da suo padre, Giorgio Ambrosoli. Tra le vittime, avvocati e giornalisti hanno un triste primato. Come se il diritto alla difesa e a essere informati fosse il bersaglio preferito dai nemici della civiltà.