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È bastato un solo giro di votazioni: Giovanni Melillo è il successore di Federico Cafiero de Raho, scelto dal Csm alla guida della Direzione nazionale antimafia. Una battaglia a tre, che si è conclusa con 7 voti per il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, 13 per il procuratore di Napoli e 5 per l'attuale reggente di via Giulia Giovanni Russo. Una nomina che è stata preceduta da un dibattito sul significato profondo di una scelta importante, ma anche simbolica, non solo per il ruolo dell'ufficio all'interno del sistema giustizia, ma anche per l'immagine che lo stesso restituisce alla pubblica opinione, dopo una stagione di scandali e di derive correntizie che hanno fortemente minato la credibilità della magistratura. Il togato Nino Di Matteo ha sottolineato la vicinanza di Nicola Gratteri a Giovanni Falcone, ricordando che, dopo diversi esperti di Camorra e Cosa Nostra, la sua figura sarebbe la prima da esperto di 'ndrangheta, che rappresenta al giorno d'oggi l'associazione criminale più pericolosa. E Di Matteo ha anche sottolineato il rischio, nel caso di "bocciatura", di mandare un segnale pericoloso: una sorta di abbandono istituzionale che lo esporrebbe ulteriormente al pericolo. «Noi oggi dobbiamo anche avvertire la responsabilità di non cadere in quegli errori che hanno troppe volte tragicamente marchiato le scelte del Consiglio Superiore sul tema della lotta alla mafia - ha evidenziato - e in certi casi hanno creato quelle condizioni di isolamento e delegittimazione istituzionale, che hanno costituito il terreno più fertile per omicidi eccellenti e stragi. Sarebbe veramente oggi un segnale di cambiamento rispetto a quelle fasi che hanno caratterizzato il Consiglio superiore della magistratura». A esprimere il proprio voto anche il comitato di presidenza, che ha preso la parola col primo presidente della Cassazione Pietro Curzio. Che ha evidenziato i nove anni già trascorsi da Melillo in Dna, cosa che «significa conoscere l'ufficio e le sue specificità organizzative». Per il togato Sebastiano Ardita, un no a Gratteri rappresenta non solo «una bocciatura del suo impegno» ma anche «un segnale devastante per tutto l'apparato istituzionale del movimento culturale, perché esiste una dimensione nella quale noi con le scelte che facciamo, che sono scelte di politica criminale, parliamo alle istituzioni e parliamo anche i movimenti culturali che seguono ancora queste vicende e guardano con preoccupazione alle scelte del Consiglio Superiore». Un modo di concepire questa nomina non condiviso dal collega Giuseppe Cascini, di Area, che ha respinto «fermamente l'idea, anche solo suggestivamente evocata, che oggi un voto nei confronti di un candidato diverso dal dottor Gratteri possa essere inteso come una delegittimazione della sua azione e del suo ruolo di procuratore di Catanzaro. Per quanto mi riguarda, la mia solidarietà e la mia vicinanza nei confronti del dottor Gratteri e nei confronti dei magistrati di Catanzaro resta altissima, la mia stima per il lavoro che stanno facendo anche. Non credo, però, che possa essere questo il criterio che deve guidare le nostre scelte e non credo che si possa interpretare in questo modo una scelta diversa».