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Se la storia che vi stiamo per raccontare fosse vera sarebbe di una gravità inaudita. Il condizionale è d'obbligo perché sono in corso degli accertamenti da parte del Consiglio Superiore della Magistratura. La vicenda è molto complessa ma proviamo a riassumerla così: un sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo, il dottor Emanuele Marchisio, e un Tenente colonnello della Guardia di Finanza, Salvatore La Bella, nel 2017 avrebbero convocato con un pretesto un giovane praticante di un noto studio legale milanese, lo avrebbero chiuso in una stanzetta, intimidito con urla e minacce, obbligato a spegnere il cellulare, gli avrebbero negato il diritto di appellarsi al segreto professionale e lo avrebbero torchiato per tre ore e mezza per estorcergli informazioni su un importante cliente dello studio che aveva concluso la procedura di voluntary disclosure per un rimpatrio di capitali dall'estero. Tutto questo è descritto in due esposti dei dominus del praticante inviati alla sezione disciplinare del Csm che abbiamo avuto da una fonte anonima.
Entriamo nel dettaglio dei fatti: lo studio legale Stufano Gigantino Cavallaro di Milano assume nel 2015 la difesa di Gianfranco Cerea in diversi procedimenti tributari. L'uomo è un noto manager e finanziere, tra i protagonisti di operazioni bancarie su Credito Bergamasco, Banca Popolare di Crema, Banca Popolare di Cremona e in Svizzera è stato advisor per Ubi nella vendita della Banca di Deposito e di gestione di Losanna. Cerea in quell'anno aderisce alla procedura di voluntary disclosure o collaborazione volontaria regolarizzando una trentina di milioni di euro fra cui centinaia di opere d'arte detenute all'estero. Nell'ottobre 2016 l'Agenzia delle entrate emette gli atti conclusivi della procedura, qualificando Cerea come collezionista d'arte. Invece, secondo la Procura di Bergamo esisterebbero a carico di Cerea gravi indizi di esibizioni di atti falsi: per loro non sarebbe un collezionista ma un vero mercante d'arte.
E cosa avrebbe fatto la Procura per saperne di più? Tra i vari atti di indagine, sottopone a intercettazione dall'ottobre 2017 l'auto del praticante e la sua utenza telefonica “al fine di poter conoscere eventuali - probabili - comunicazioni tra lui e i titolari dello studio Cavallaro concernenti la delicata posizione del Cerea” come si legge nella richiesta di autorizzazione a operazioni di intercettazione. Inoltre il 5 dicembre dello stesso anno, come leggiamo dall'esposto a firma dell'avvocato Sebastiano Stufano, “il giovane praticante avvocato ( con problemi di salute importanti nonostante la giovane età) è stato convocato presso una caserma della Guardia di Finanza per essere interrogato da cinque persone, ed è stato intimidito per diverse ore da un Sostituto Procuratore della Repubblica e da un ufficiale superiore della Guardia di Finanza che gli hanno intimato più volte in modo minaccioso di rispondere alle loro domande. L’assunzione di sommarie informazioni è durata quasi quattro ore, come emerge dal verbale, ma sono state verbalizzate soltanto poche domande. Questo quadro dà una chiara rappresentazione del modus procedendi del Dott. Marchisio e del Ten. Col. La Bella; non è dato infatti sapere, se non dalle spiegazioni rese dal praticante, cosa sia successo in quasi quattro ore di interrogatorio. Il racconto del praticante rivela un uso, da parte dei pubblici ufficiali presenti, di una forte violenza psicologica e l’adozione di comportamenti coercitivi volti a condizionare in modo non consentito la libera autodeterminazione del testimone, in violazione di quanto disposto dall’art. 188 c. p. p.”.
Il praticante ha risposto a diverse domande relative alla posizione di Gianfranco Cerea, cliente dello studio, apprese nell'esercizio della sua professione e nello svolgimento del mandato professionale, nonostante il suo dominus gli avesse detto prima dell'incontro di rispettare il segreto professionale. Il giovane non sarebbe riuscito a sopportare le pressioni che a suo dire gli avrebbero fatto in quella stanza: “L’atteggiamento arrogante, prevaricatorio e minaccioso del dottor Marchisio è andato crescendo nel corso dell'interrogatorio quando lo stesso ha ricordato al praticante di non tacere nulla di quanto a sua conoscenza, «anche perché lei è giovane, è ancora praticante e non è nel suo interesse dire il falso o fare omissioni. Quindi, visto che conosce bene il dottor Cerea, ci dica tutto». Di fronte alle risposte del praticante in merito alla veridicità della procedura di voluntary disclosure, la contrarietà di tutti gli astanti è emersa in tutta la sua violenza. A titolo esemplificativo, il Ten. Col. La Bella ha cominciato a urlare sbattendo i pugni sul tavolo”.
Così ha raccontato il ragazzo al suo dominus e così leggiamo nell'esposto del 2018 in cui l'avvocato Stufano chiede al Csm di indagare sull'accaduto e di prendere eventuali provvedimenti. Si chiede contestualmente anche di acquisire le conversazioni telefoniche avute col dominus a dimostrazione del fatto che al praticante era stato detto di mantenere il segreto professionale e quelle intercorse tra lo stesso praticante con i familiari il 5 e 6 dicembre per acclarare il suo stato d'animo. Inizia l'istruttoria del Csm. Vengono richiesti pareri e noi abbiamo modo di leggere quello del Sostituto Procuratore Marchisio che si difende da tutte le accuse: “non corrisponde al vero che il teste sia stato ammonito prima ancora di potersi sedere e in assenza di presentazione del sottoscritto; non corrisponde al vero che il sottoscritto abbia tenuto un atteggiamento arrogante, prevaricatorio e minaccioso; parimenti è falsa l'allegazione che il F. ( praticante, ndr) sia stato posto in condizioni tali da potersi sentire fisicamente coartato; né il Ten. Col. La Bella, né alcun altro dei presenti ha mai alzato i toni o tenuto atteggiamenti scomposti; con riferimento al profilo relativo al segreto professionale, il dottor F. decideva autonomamente di non avvalersi del segreto, né sussiste alcun obbligo in capo all'A. G. di sollecitare il teste all'esercizio di tale facoltà”.
Ci sarebbe un problema però ed è qui che nasce l'esposto dell'avvocato Vincenzo José Cavallaro del 2 novembre scorso: “la documentazione che dovrebbe essere stata ricevuta nel settembre 2018 dal Csm risulta inspiegabilmente priva delle chiamate intercettate sull'utenza telefonica in uso al dottor F. il cui contenuto è particolarmente importante ai fini dell'accertamento della responsabilità disciplinare in oggetto”. Infatti uscendo dall’interrogatorio del 5 dicembre il giovane ha chiamato la madre e una collega avvocato raccontando in lacrime il trattamento a cui era stato sottoposto.
Noi abbiamo ascoltato quelle registrazioni ed effettivamente il ragazzo è disperato, piange al telefono, è in uno stato di profonda agitazione. La parte in cui descrive “la metodologia di interrogatorio a cui è stato sottoposto che rappresenta la prova regina del clima minaccioso e violento subito” è in omissis. “Altro elemento che lascia impietriti - scrive Cavallaro nell'esposto - è quanto si legge nel decreto d’urgenza di intercettazione e localizzazione di conversazioni e comunicazioni, dell’ 1.12.2017, a firma del dottor Emanuele Marchisio, che per potermi intercettare direttamente mi definisce ’ commercialista’” invece che avvocato. Come vi avevamo premesso ci troviamo dinanzi ad una matassa alquanto complicata: non spetta a noi giudicare ma solo raccontare quello che leggiamo nelle carte sui cui sarà il Csm a doversi esprimere.