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costa ingiusta detenzione
È pronto per essere presentato dall’onorevole Enrico Costa ( Azione) l’emendamento alla legge di Bilancio per la “modifica delle norme in materia di spese di giustizia”, con la previsione del “risarcimento” da parte dello Stato nei confronti del cittadino assolto al termine del processo. L’emendamento prevede che ' Se il fatto non sussiste, se l’imputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, l’imputato ha diritto di ripetere dallo Stato tutte le spese sostenute per il giudizio'.
Nel penale, al contrario di quanto avviene nel processo civile e in quello amministrativo, il pagamento delle spese di giustizia e delle spese legali non segue la regola della soccombenza. Dunque, anche in caso di proscioglimento o di assoluzione con le formule ampiamente liberatorie ( perché il fatto non sussiste, perché l’imputato non ha commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato) le spese legali restano a carico dell’imputato.
A nulla vale che questi sia riuscito a dimostrare la propria estraneità al reato o l’insussistenza di qualunque fatto di rilevanza penale. Allo stesso modo a nulla vale che lo Stato abbia esercitato “erroneamente” la propria pretesa punitiva, sottoponendo senza ragione la persona al lungo ' calvario' delle indagini e del processo. Secondo Costa, «questa peculiarità negativa del processo penale contraddice non solo il comune buon senso e i più ovvi criteri di giustizia sostanziale, i quali peraltro dovrebbero rappresentare la stella polare della legislazione, ma anche i princìpi cardine dello Stato di diritto e della Costituzione”.
La regolamentazione delle spese di lite è processualmente accessoria alla pronuncia del giudice che la definisce in quanto tale ed è anche funzionalmente servente rispetto alla realizzazione della tutela giurisdizionale come diritto costituzionalmente garantito. Il “normale complemento” dell’accoglimento della domanda è costituito proprio dalla liquidazione delle spese e delle competenze in favore della parte vittoriosa, come scrive la Consulta nella sentenza n. 77 del 2018. La regola della soccombenza non ha una portata assoluta e ben possono esistere situazioni eccezionali che giustificano la compensazione delle spese, cui in ogni settore dell’ordinamento si conferisce rilievo.
Il processo penale, rappresentando quindi un “unicum” rispetto al sistema processuale civile e amministrativo, dove vige come detto la regola della soccombenza, appare, sempre secondo Costa “del tutto privo di ragionevolezza e quindi in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione: Non si comprende, infatti, perché la parte pubblica, ove soccombente, non possa essere chiamata a rifondere le spese processuali, almeno nel caso di assoluzione con una formula ampiamente liberatoria”.
Neppure può invocarsi una presunta esigenza di salvaguardare le finanze pubbliche. A conforto di ciò, vale la pena ricordare un’ampia casistica di esperienze comparatistiche: in ben ventotto Stati del Consiglio d'Europa sono previste, pur con accezioni diverse, forme di ristoro delle spese legali a beneficio del soggetto assolto con una formula ampiamente liberatoria