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La competenza spetta a Milano, tutto da rifare. Si è concluso così il grado di appello del processo Unipol- Fonsai davanti ai giudici di Torino, i quali hanno accolto l’eccezione di incompetenza territoriale che era stata invece rigettata dal tribunale di primo grado.
Annullate, dunque, le condanne per falso in bilancio e aggiotaggio irrogate dal giudice di prime cure a Salvatore Ligresti (deceduto nel maggio 2018), Jonella Ligresti, Fausto Marchionni e Riccardo Ottaviani, nell’ambito del processo sui conti di Fonsai.
La sentenza di primo grado risale all’ottobre 2016 e condannava Salvatore Ligresti a 6 anni di reclusione, mentre alla figlia Jonella era stata inflitta una pena di 5 anni e 8 mesi. Erano stati condannati anche l’ex ad Fausto Marchionni (5 anni e 3 mesi) e l’attuario revisore Riccardo Ottaviani (2 anni e 6 mesi), mentre l’ex manager, Antonio Talarico e il responsabile della revisione, Ambrogio Virgilio erano stati assolti.
Ora gli atti passano alla Procura di Milano, che dovrà ripartire dal principio. La decisione ha come ulteriore conseguenza anche l’annullamento della condanna a Unipol al risarcimento delle oltre 2400 parti civili, costituite da piccoli azionisti. Il danno non era ancora stato quantificato e doveva essere stabilito da un giudice civile, ma le stime ipotizzavano una cifra intorno ai 256 milioni di euro.
L’indagine torinese sul Fonsai prende corpo nel 2012 da una precedente indagine condotta dalla procura di Milano su Premafin, società del gruppo Ligresti. Tutto nasce nel 2011, quando diventano palesi le difficoltà finanziarie della “holding Ligresti”, che comprende Fonsai, Milano Assicurazioni e Premafin. Su pressione di Mediobanca, il patrono Salvatore Ligresti decide di cedere il controllo a Unipol e proprio su questo passaggio si concentra l’attenzione dei giudici.
Sul fronte milanese, Ligresti viene accusato di aggiotaggio, in relazione a due trust esteri a lui riconducibili e titolari del 20% di Premafin e nel novembre 2017 la sentenza di primo grado lo condanna a 5 anni.
I pm torinesi, invece, indagano sulla bancarotta di Fonsai e, nel 2013 dispongono l’arresto di Salvatore, Giulia e Jonella Ligresti per i reati di falso in bilancio e manipolazione di mercato.
Secondo l’ipotesi accusatoria (poi confermata in primo grado), I Ligresti avrebbero occultato al mercato l’ammanco di 600 milioni di euro dalla “riserva sinistri” dal bilancio 2010 della compagnia assicurativa (poi utilizzato per predisporre l’aumento di capitale del 2011) e questa mancata comunicazione avrebbe provocato un danno ad almeno 12mila risparmiatori e a Fonsai, a causa della perdita di valore del titolo.
Inoltre, la “sottovalutazione” di 600 milioni avrebbe consento la distribuzione illecita di dividendi per 253 milioni di euro alla holding detenuta dalla famiglia Ligresti. La ricostruzione del crac Fonsai viene accolta dal tribunale di primo grado, che condanna gli imputati nell’ottobre 2016.
Ora l’impianto accusatorio dovrà essere ricostruito dalla procura milanese, dove è stato trasferito da Torino anche il processo relativo alla fusione tra Unipol e Fonsai. «Siamo sempre stati convinti che questa fosse la soluzione giusta, la Corte d’appello ha dimostrato molto equilibrio e ha riportato nella dimensione fisiologica tutta la vicenda», ha commentato Salvatore Scuto, legale difensore di Jonella Ligresti. «Ora si riparte da Milano, siamo ottimisti» .
Il patron della famiglia, Salvatore, è morto nel 2018, durante lo svolgimento del processo di appello. La primogenita, Jonella ( ex presidente di Fonsai), era finita agli arresti nel 2013 e dopo quattro mesi di carcere e altri otto ai domiciliari, il tribunale di Torino ha revocato la misura cautelare.
La seconda figlia, Giulia, era stata arrestata nel 2013 con la sorella e ha passato 40 giorni al carcere di Vercelli, da cui venne scarcerata sulla base di una perizia con cui si attestava il suo profondo malessere psichico.
La vicenda, però, aveva provocato un terremoto nel governo Letta, perché l’allora ministro della Giustizia e amica della famiglia, Annamaria Cancellieri fu intercettata al telefono con la moglie del costruttore proprio nel giorno degli arresti e diceva di essere a disposizione. Cancellieri, sentita come persona informata sui fatti, aveva confermato di aver “sensibilizzato” il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sulle condizioni della Ligresti.
Giulia Ligresti ha patteggiato a 2 anni e 8 mesi di reclusione nell’ambito dell’inchiesta torinese e nel novembre scorso i giudici hanno accolto l’istanza di scarcerazione formulata dai legali all'interno di un'istanza di revisione del patteggiamento sulla base dell'assoluzione per il fratello ' per gli stessi fatti' a Milano. L’ultimogenito, Paolo, è stato infatti assolto anche in appello da entrambi i reati di falso in bilancio e aggiotaggio nel processo Fonsai.