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Cartabia
Ricordate il dilemma giustizia? “Sia rapida, prima di tutto”, intimano i benpensanti dell’efficientismo. Può quindi non essere innanzitutto giusta? Ieri Marta Cartabia ha rassicurato tutti: «È la Costituzione a richiedere che il processo sia giusto» oltre che «breve», ha ricordato al webinar intitolato appunto dall’Unione Camere penali “Di ragionevole durata soltanto se giusto”. Cosa se ne può dedurre? Che nella riforma penale destinata a cambiare con gli emendamenti in arrivo la prossima settimana, Cartabia intende fare della rapidità non uno schiacciasassi con cui abbattere le garanzie difensive, ma una effettiva attuazione degli articoli 111 e 24. Perché la guardasigilli ha tenuto a ricordare subito che il processo “breve” in quanto “giusto” è imposto «chiaramente dall’articolo 111 e, non dimentichiamolo, già dell’articolo 24». E l’articolo 24 della Costituzione riguarda appunto il diritto di difesa. Quindi, processo «di ragionevole durata» vuol dire sì giusto processo, ma a condizione che il diritto di difesa, l’articolo 24 appunto, non venga tradito. Un chiarimento utile alla vigilia della settimana di fuoco, quella che culminerà nel termine degli emendamenti alla riforma, fissato per venerdì prossimo. Cartabia sa cos’attende lei e la maggioranza. E sa che tutto sarà ancora più difficile ora che la Corte costituzionale ha imposto alla politica di occuparsi pure dell’ergastolo ostativo. Allo stesso modo degli articoli 111 e 24, ha ricordato la guardasigilli al webinar dei penalisti, «i principi europei, specie quelli elaborati dalla Corte di Strasburgo, chiedono una tutela giurisdizionale effettiva e allo stesso tempo ragionevole nella sua durata». Di nuovo: se di irragionevole durata, il processo non può essere giusto. «La Costituzione», ha aggiunto Cartabia, «letta nella cornice europea, non potrà che essere, in ogni momento, punto di riferimento certo e sicuro per la nostra navigazione verso l’approdo delle necessarie riforme». Chiarissimo. Anche quando a breve si parlerà di prescrizione, la rotta sarà già indicata dalla Carta: un giudizio d’appello potenzialmente infinito, com’è quello disegnato dalla norma Bonafede, non potrebbe mai essere giusto. «Mettere mano a una macchina tanto complessa quanto delicata come la riforma del processo penale», ha avvertito la ministra della Giustizia, «richiede pacatezza, approfondimenti, capacità di soppesare ogni proposta senza nascondersi dietro bandiere, slogan, richieste unilaterali. Il dialogo tra tutte le parti è», dunque, «indispensabile» e «in questo ministero ci sarà sempre un ascolto attento». Sulla necessità di evitare gli slogan e lasciarsi guidare dal diritto, Cartabia si dice d’accordo con l’Ucpi, che ne ha parlato nel documento con le proposte di modifica sul ddl penale inviato due giorni fa a via Arenula. Ma non tutto può essere risolto dalla procedura. Vale di sicuro per il civile, e il penale non fa eccezione: l’obiettivo di un processo più giusto ma anche più efficiente può essere raggiunto, ricorda la guardasigilli, «solo se si ricorre anzitutto a importanti interventi sul piano organizzativo». Altra notizia: «Chiederò al futuro capo dell’Ispettorato di essere veicolo di condivisione delle tante buone prassi già in atto in molti uffici giudiziari». Un preavviso a chi perseverasse, pur a fronte di statistiche favorevoli, nell’ignorare le best practices altrui. Le parole della guardasigilli sono pesanti per i magistrati ma innanzitutto per i partiti. Non le commenta quasi nessuno. Uno dei pochissimi è il presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, e deputato M5S, Mario Perantoni, cioè l’arbitro della contesa che sta per iniziare: «Spero che le forze parlamentari soprattutto di maggioranza facciano tesoro delle parole della ministra», dice. Non ci si deve nascondere «dietro slogan», servono «approfondimento, ragionamento», non «provocazioni». Perciò Perantoni chiede di evitare «un inutile scontro politico». Incontestabile. Dal monito non potranno sentirsi esentati, d’altronde, i compagni di partito dello stesso Perantoni: il processo potrà essere non solo efficiente ma anche giusto, se con la prescrizione abolita rischia di diventare eterno?