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Truffa, sostituzione di persona, costruzione di falsi profili creditizi: per questi reati, nel 2016 la nona sezione del tribunale penale di Napoli ha condannato un ex direttore di banca e i suoi complici a nove anni di reclusione, novemila euro di multa e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili per un milione e 300 mila euro.
Peccato che la sentenza non sia stata nè eseguita nè sia appellabile: gli avvocati delle parti civili e quello dell’imputato aspettano senza esito il deposito delle motivazioni da ben tre anni e cinque mesi, contro i novanta giorni massimi previsti dal codice ( nel caso di stesura di una sentenza particolarmente complicata). A denunciare il caso è il penalista napoletano Luigi Pezzullo, che nel procedimento assiste una delle parti civili: «E' una situazione paradossale», ha detto il legale all’Ansa, per la quale «si configurerebbe anche il reato di omissione di atti di ufficio, in presenza delle istanze di sollecito». L’avvocato, infatti, ha fatto sapere di aver presentato addirittura tre istanze di sollecito, l’ultima delle quali indirizzata al presidente coordinatore di tutte le sezioni del Tribunale di Napoli.
L’ipotesi accusatoria confermata dalla condanna in primo grado riguardava una associazione per delinquere finalizzata a truffare una banca, attraverso la ricettazione di assegni e documenti di identità utilizzati per l’apertura dei conti correnti. L’inchiesta, ora, deve fare i conti anche con il decorso dei termini di prescrizione: il rinvio a giudizio era stato disposto nell’ottobre 2009 e, pur ipotizzando ora un immediato deposito delle motivazioni, l’eventuale inizio del processo di appello sarà sicuramente fissato nel 2020, trascorsi i quarantacinque giorni per proporre il ricorso e undici anni dopo l’inizio del processo di primo grado.
Sembra che i vertici del tribunale partenopeo si siano attivati per porre rimedio al ritardo e per verificare che non esistano anche altri casi come questo di ritardo nel deposito delle motivazioni.