Ancora un extra time. Ma per far bene, non per dilatare i tempi. Il termine per gli emendamenti al ddl penale slitta di quattro giorni: da domani a martedì, ore 17. Richiesta della Lega, che vuole approfondire meglio l’articolazione delle proposte. Tutti gli altri gruppi rappresentati nella commissione Giustizia di Montecitorio hanno dato volentieri l’ok. Perché di lavoro da fare sul testo base a firma Bonafede ce n’è tanto. Se non sarà stravolta, certo sarà profondamente rivista la filosofia di quella riforma: sì alla rapidità dei processi ma senza sacrificare le garanzie difensive, anzi con l’estensione di riti alternativi come il patteggiamento.
La “proposta globale” del Pd, prescrizione inclusa
Peserà molto il pacchetto che sta per arrivare dal Pd. Non eluderà il punto chiave: la prescrizione. «Siamo al lavoro», spiega
Alfredo Bazoli, capogruppo dem in commissione, che conferma: «Ci sarà una proposta relativa alla prescrizione per fasi processuali. Si può anche non cancellare la norma Bonafede, relativa all’estinzione del reato, ma si possono prevedere conseguenze e sanzioni processuali diversificate a seconda di quanto sia ampio lo sforamento dei limiti di durata prestabiliti per ogni stadio del giudizio. Seppure i nostri emendamenti siano in via di perfezionamento», dice al Dubbio il capogruppo pd, «possiamo già ipotizzare che per sforamenti più lievi si ricorra a sconti di pena
(come proposto pure da Federico Conte di Leu, ndr) e che per i ritardi più gravi intervenga la decadenza dell’azione penale». Ecco, siamo al punto: con una proposta simile, si metterebbe fine allo spettro del “fine processo mai”. Non ci sarebbe alcun procedimento penale potenzialmente destinato a durare in eterno. Passo importante sul quale si dovrà misurare la risposta del Movimento 5 Stelle. Ma il Pd avverte la responsabilità di dover proporre un’impostazione complessiva, tanto da aver già programmato una conferenza stampa per illustrare il proprio “pacchetto”: avrebbe dovuto tenersi domani, dopo la scadenza del termine, «a questo punto la rinviamo a martedì», dice Bazoli. «Ci saranno anche interventi su patteggiamento e abbreviato: vanno estesi e rafforzati entrambi. Il nostro obiettivo», aggiunge il capogruppo dem, «è un ddl delega che coniughi riduzione dei tempi e garanzie difensive».
FI: il fine processo mai va abolito, sì alla sintesi di Cartabia
In fondo la logica del “pacchetto organico” aiuta: ogni scelta diventa più facile da discutere anche con chi, come i pentastellati, è contrario a modifiche sulla prescrizione che superino il lodo Conte bis. Forza Italia per esempio, come spiega il capogruppo in commissione
Pierantonio Zanettin, sicuramente offrirà in materia di prescrizione «un ventaglio di soluzioni diverse: noi intendiamo far valere l’ispirazione garantista di cui possiamo dire di essere interpreti fedeli. Nello stesso tempo», dice il deputato azzurro ed ex laico Csm, «intendiamo arrivare a una norma sulla prescrizione e a una riforma penale complessiva che ottengano la più ampia condivisione possibile. La tecnicità delle soluzioni va messa al servizio dei principi costituzionali: vuol dire che in ogni caso il fine processo mai va cancellato. E a proposito di mediazione, visto che non sarà semplice», aggiunge Zanettin, «ci aspettiamo una sintesi di alto profilo da parte della ministra Cartabia».
I paletti di Italia viva, il nodo Csm
È alla guardasigilli che, in ultima analisi guardano tutti. «Il quadro non è ancora omogeneo», osserva
Cosimo Ferri, magistrato prestato al Parlamento che in commissione Giustizia rappresenta Italia viva. «Colgo ancora una sintonia fra Pd e M5S. Noi invece siamo convinti, per esempio, che la prescrizione di Bonafede vada innanzitutto congelata, come previsto da nostre precedenti proposte». A complicare un quadro già ricco di insidie contribuisce pure la riforma del Csm: ieri il ddl di Bonafede è stato adottato come testo base, con l’abbinamento della proposta di legge firmata autonomamente dal responsabile Giustizia di Azione
Enrico Costa. Il quale però è stato il solo a non condividere il via libera allo schema dell’ex guardasigilli: «Proprio non me la sono sentita di votare a favore», ha detto. Costa è convinto fra l’altro che il sistema per eleggere i togati debba escludere il collegamento fra candidati e liste delle correnti, come recita la sua proposta. Ma sulla magistratura il compromesso sembra più a portata di mano. Oltretutto il presidente della commissione Giustizia
Mario Perantoni, del Movimento 5 Stelle, ricorda che i deputati attendono «di conoscere il parere del Csm» in modo da avere «tutti gli strumenti di valutazione». Certo le obiezioni di Palazzo dei Marescialli si annunciano numerose. Anche sul maggior peso da assicurare agli avvocati nei
Consigli giudiziari e nell’ufficio Studi di piazza Indipendenza. Tutti d’accordo invece, compreso il Csm in carica, sullo stop alle porte girevoli fra toghe e politica
(come riferito più approfonditamente in altro servizio, ndr).
Il via libera alla commissione d'inchiesta sui magistrati
Ieri Perantoni e l’altro presidente di commissione espresso dai 5s,
Giuseppe Brescia della Affari costituzionali, hanno deciso di «incardinare tra 15 giorni la proposta di legge Gelmini per la commissione d’inchiesta sull’uso politico della giustizia. Non abbiamo seguito il metodo Ostellari», è la frecciata al collega leghista che in Senato presiede la commissione Giustizia e che fa infuriare gli ex giallorossi per il ddl Omofobia. Tutto sommato lo spirito auspicato da Cartabia, niente bandierine e dialogo sul merito, potrebbe prevalere al punto da sdrammatizzare il contributo del gruppo di lavoro da lei insediato a via Arenula. Ci sono le premesse per evitare il big bang sulla giustizia penale, strano ma vero.