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Un anno fa era stata l’Anm, oltre agli avvocati, a muovere un rilievo semplicissimo sullo stop alla prescrizione: «Nel testo di legge parlate di sospensione, ma se il decorso è sospeso dopo il primo grado fino a sentenza definitiva vuol dire che la prescrizione non è sospesa, è abolita». Giusto. Poi però nel testo in cui la norma è contenuta, la “spazza corrotti”, il paradosso semantico è rimasto.
Ora il Pd propone di superarlo, con un limite di tempo superato il quale la prescrizione tornerebbe a decorrere. Una delegazione dem ne ha parlato ieri con il guardasigilli Alfonso Bonafede, nella sala del governo a Montecitorio. «Siamo stati noi a chiedere l’incontro», spiega il vicecapogruppo dei democratici alla Camera, Michele Bordo, presente al summit.
«Il punto è stabilire cosa succede quando non siamo in grado di assicurare quella durata ragionevole del processo che è l’obiettivo della riforma», aggiunge. C’erano anche Roberta Pinotti, responsabile Giustizia ad interim del Pd, il capogruppo in commissione Giustizia alla Camera Alfredo Bazoli e il sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis, dem anche lui. Bonafede non è convinto: «Sulla prescrizione il Pd resta della sua idea, io ne ho un’altra», dichiara. Eppure, assicura, «abbiamo trovato margini di convergenza ancora maggiori, sono ottimista: intanto approfondiamo tutto quello su cui siamo d’accordo».
La delegazione democratica ha messo sul tavolo altre ipotesi. «Dalla digitalizzazione di diversi passaggi anche nel penale, a regole diverse sulla rinnovazione del dibattimento in caso di sostituzione del giudice, senza compromettere oralità e immediatezza nella formazione della prova», spiega ancora Bordo. «Sulla prescrizione lavoriamo per trovare un punto di caduta, cosa che però avverrà in Parlamento».
Sulle intenzioni degli alleati, Bonafede preferirebbe avere un quadro chiaro, prima di presentare le bozze “definitive” dei suoi due ddl ( uno su penale e Csm, l’altro sul civile). L’obiettivo è andare in Consiglio dei ministri tra non più di 20 giorni. Il punto è che i renziani non intendono sciogliere alcuna riserva se prima non si risolve il rebus prescrizione.
«Sarebbe in ogni caso assurdo introdurre un’ulteriore sospensione dei termini di estinzione dei reati», fa notare il presidente dell’Unione Camere penali Gian Domenico Caiazza, «vorrebbe dire allungare la sospensione già prevista dalla riforma Orlando, che stoppa il cronometro della prescrizione per un anno e mezzo dopo la sentenza di primo grado. Senza contare che la stessa latenza di un anno e 6 mesi era stata introdotta, sempre dalla riforma Orlando, anche dopo l’appello». Due giorni fa Caiazza, insieme con gli altri vertici dell’Ucpi, ha incontrato una delegazione proprio di Italia Viva.
I renziani hanno assicurato di essere pronti a chiedere che lo stop alla prescrizione non entri in vigore il 1° gennaio prossimo, come previsto, ma più tardi, anche fra un anno, quando cioè sarà stata approvata una riforma penale davvero in grado di accelerare i tempi dei processi. Tuttavia Bonafede, dal suo punto di vista, non ha interesse a riaprire un dossier, come quello sulla prescrizione, che considera ormai in cassaforte.
Ed è anche vero che se per tutta risposta Italia viva e Pd si rifiutassero di dare l’ok al ddl sul penale, il M5S potrebbe facilmente addebitare loro, dinanzi a un’opinione pubblica impregnata di pulsioni punitive, la responsabilità della mancata accelerazione sui tempi della giustizia. Un intrigo. Forza Italia prova sparigliare le carte: «Abbiamo presentato una proposta di legge semplicissima», spiega Franco Dal Mas, rappresentante azzurro nella commissione Giustizia del Senato, «è un testo di un solo articolo, che abroga la norma sulla prescrizione altrimenti destinata a entrare in vigore con l’inizio del 2020. Lo abbiamo fatto perché riteniamo che lo stesso Pd non possa ignorare la proposta: altrimenti, con la norma in vigore dal 1° gennaio, la prescrizione sarebbe abolita nonostante non si siano ancora stati mesi alla prova gli effetti della riforma Orlando».
È esattamente l’analisi dell’Unione Camere penali. «A breve renderemo pubblici i dati sulla durata massima effettiva del termine di prescrizione con le norme già oggi in vigore», spiega Caiazza, «per le fattispecie di maggiore allarme sociale si sfonda quasi sempre il muro dei 20 anni».
Su altri aspetti della riforma le distanze tra Pd e M5S sono minime. Anche sul sistema per eleggere i togati al Csm. Probabile che venga accantonata l’idea del sorteggio. Ieri i dem hanno ribadito a Bonafede di non condividerla. Si parte da una base che il guardasigilli aveva già definito nei mesi scorsi: incremento del numero dei consiglieri ( da 26 a 30), 20 posti per i togati, con 17 collegi uninominali territoriali più 2 per i magistrati di legittimità e della Direzione antimafia. Si cercano ulteriori limitazioni all’influenza delle correnti. Ma non è certo questo il punto sul quale la maggioranza si consumerà in trattative estenuanti.