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I fronti, sulla nuova prescrizione, sono due: uno politico, l’altro strettamente parlamentare. Ma nella controffensiva alla riforma in vigore da ieri, il primo livello è presidiato dai penalisti prima che dai partiti. È una delibera della’Ucpi, approvata a San Silvestro, a fissare infatti la road map: «Pieno sostegno alla legge Costa», che cancella appunto la norma voluta dal guardasigilli Bonafede, e «incontri con le forze politiche sulla possibilità di costituite un comitato promotore del referendum», ovviamente abrogativo.
Due passaggi che non a caso coincidono con i “piani” del parlamentare oggettivamente più attivo nell’opporsi alle nuove regole sull’estinzione dei reati, Enrico Costa. A Capodanno il deputato di FI individua gli stessi snodi: «Abrogazione lampo», con il sì alla sua proposta in un solo articolo, oppure «non resterà che il referendum abrogativo».
Ma è ancora nella delibera con cui l’Ucpi proclama lo «stato di agitazione degli avvocati penalisti italiani» che si coglie la possibile svolta per la battaglia garantista, a partire proprio dalla legge che abolisce la prescrizione dopo il primo grado. L’associazione presieduta da Gian Domenico Caiazza individua infatti un ulteriore obiettivo, che sembra strettamente funzionale all’iniziativa contro la norma Bonafede, ma che in realtà può aiutare a promuovere una visione liberale di giustizia finora messa in minoranza nel Paese.
Si tratta dell’ «impegno dei penalisti italiani contro la incivile campagna di mistificazione e di inganno della pubblica opinione sulle reali dinamiche e sulla effettiva incidenza dell’istituto della prescrizione». Ecco: è forse il terreno più interessante. Perché supera le stesse modifiche al codice in vigore da ieri: può coinvolgere forze politiche e culturali nello sforzo di contrastare la più generale deriva giustizialista nell’opinione pubblica, e può farlo a partire appunto dall’impegno degli avvocati.
Non è una sfida semplice. Ma la riforma che rende i processi penali potenzialmente infiniti è un colpo di tale durezza da poter scuotere una mobilitazione trasversale. La maggiore «consapevolezza» delle «gravi implicazioni» prodotte dalla nuova prescrizione, secondo l’Unione Camere penali, «ha consolidato il formarsi di un trasversale consenso parlamentare alla posizione di ferma contrarietà a quella riforma» anche tra «autorevoli componenti della attuale maggioranza».
Tanto che «la legge Costa vede ogni giorno crescere concrete prospettive di approvazione». Ed ecco il secondo livello, quello strettamente parlamentare. Che i penalisti pure leggono in chiave positiva. Non senza qualche buon motivo. Perché tra meno di una settimana, l’ 8 gennaio, scadrà in commissione Giustizia il termine per presentare emendamenti alla proposta di FI. Dopodiché si potrebbe andare in aula in tempi brevi. I numeri non lo escludono: sono sul filo. Pure a voler dare per scontato che il Pd resterà fermo nel no alla legge Costa, i componenti di 5 Stelle e dem, messi insieme, non sarebbero maggioranza: 22 su 45.
Dipende dunque da cosa faranno le altre forze di governo: nella sua intervista di fine anno alla Stampa, Matteo Renzi ha ribadito che i suoi deputati saranno «costretti a votare assieme a Forza Italia» se Bonafede non «capisce che deve cambiare approccio». Dato per certo il sì dell’intera opposizione al testo forzista, bisogna capire se con Italia viva sarebbero disposti a votare contro la nuova prescrizione anche i due nomi- cuscinetto ( e decisivi): l’ex salviniano Carmelo Lo Monte e Federico Conte di Leu. Realistico che il primo si schieri contro la riforma dei 5S, più difficile che lo faccia il deputato di un gruppo che, come Liberi e uguali, annovera anche voci pro- Bonafede, Pietro Grasso in primis.
Difficile ma non impossibile, visto che Costa ieri si è detto pronto a mettere il suo testo «a disposizione di tutti, affinché si trovi la sintesi». Vuol dire apertura a trasformare il suo unico articolo, meramente abrogativo, in qualcosa di più ampio, in cui potrebbero trovare spazio ipotesi interessanti proprio come quelle già offerte a Bonafede da Federico Conte. E certo sarebbe davvero clamoroso se a Montecitorio si compisse subito il passaggio dal piano politico a quello parlamentare nella battaglia disegnata dai penalisti.