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Alfonso Bonafede
«Trattative in corso sulla prescrizione? Non ne sono a conoscenza». Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, stronca sul nascere qualsiasi retroscena su un possibile passo indietro del Movimento 5 Stelle in tema di giustizia. La riforma della prescrizione è legge, fanno sapere i grillini, ed entro dieci giorni sul tavolo del Consiglio dei ministri arriverà il testo di riforma del processo penale. Sarà in quella sede che ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità, precisano i pentastellati, sempre più ostinati ad andare avanti sulla via dell’irremovibilità a qualunque costo.
Ma l’eventuale prezzo da pagare in questa lotta muscolare tra forze della maggioranza sarebbe di quelli salatissimi: la sopravvivenza stessa del governo Conte. Perché a difendere la riforma Bonafede così come entrata in vigore il primo gennaio è rimasto solo il M5S, primo partito in Parlamento, certo, ma anche forza politica in forte crisi di identità e di consensi. Pd, Iv e Leu confidano ancora in un ripensamento grillino, puntando sulla capacità mediatrice del Presidente del Consiglio, che però nelle ultime settimane non si è rivelata particolarmente efficace.
Nelle prossime ore dovrà essere convocato un vertice a Palazzo Chigi, ma in assenza di un accordo possibile, nessuno depone le armi. E tra alleati continuano a volare parole grosse. Il fronte più caldo continua a essere quello che vede contrapposti M5S e Italia viva. I renziani sono sicuri di poter costringere il Guardasigilli a un ripensamento sventolando l’ipotesi di una sconfitta clamorosa in Aula il 24 febbraio, quando a Montecitorio approderà la proposta di legga Costa per l’abolizione della prescrizione in salsa grillina. Iv non avrebbe alcun problema a votare con Forza Italia e le opposizioni su un tema così dirimente, mettendo in minoranza i cinquestelle.
«C’è chi si comporta come se fosse all’opposizione. A volte ho il dubbio che i testi glieli scriva Salvini o Berlusconi», risponde piccato il ministro della Giustizia. «Lavorare vuol dire sedersi a un tavolo e scrivere le norme, non vuol dire urlare dalla mattina alla sera, abusando della pazienza dei cittadini, sfiorando spesso il tono della minaccia», aggiunge Bonafede. Le parole del ministro, però, non scalfiscono i renziani, che rispondono proponendo «l’istituzione della giornata nazionale delle vittime degli errori giudiziari, il 17 giugno, giorno dell’arresto di Enzo Tortora».
A scontrarsi non sono semplicemente due partiti ma due concezioni politiche e giuridiche contrapposte, difficilmente riducibili. Matteo Renzi lo sa e bacchetta i suoi ex compagni del Pd di essere «succubi» dei grillini «proprio ora che stanno implodendo». E se il Movimento accusa Iv di “intelligenza col nemico” in materia di prescrizione, Davide Faraone, presidente dei senatori renziani, si prende la briga di replicare così all’alleato: «Caro Bonafede, non è Salvini che scrive i testi a noi, sei tu che hai scritto la legge sull’abolizione della prescrizione con lui. A noi non piace e la cambieremo», dice. Poi aggiunge con tono di sfida: «I numeri sono chiari, o lo capisci o ci vediamo in Senato».
La guerra di nervi ( e di dichiarazioni) tra partner di governo rischia di sfuggire di mano. In mezzo al guado, per ora, rimane il Pd, l’unico partito che potrebbe imporre una linea di mediazione, forte dei recenti successi elettorali e della sua consistenza parlamentare. I dem però si limitano da giorni a smistare il traffico delle accuse incrociate, invitando i contendenti a moderare la velocità del tweet al vetriolo. «Noi non vogliamo rimettere in gioco Salvini su questo tema e non vogliamo che si costruiscano alleanze trasversali», dichiara l’ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, rimproverando in qualche modo i renziani.
«Con fatica possiamo arrivare a una modifica della norma senza dare vantaggi alle destre e una patente di garantismo a chi non la merita», aggiunge. E prestando attenzione a non urtare la suscettibilità di nessun contendente spiega: «C’è l’accordo sull’obiettivo perché siamo convinti si debba modificare la norma sulla prescrizione ma c’è disaccordo sul modo». L’accordo sull’obiettivo a cui fa riferimento il vice segretario del Pd, però, si è arenato sul “Lodo Conte” che distingue tra assolti e condannati in primo grado sul blocco della prescrizione - già spazzato via dai renziani, convinti dell’incostituzionalità della norma. L’unica ancora di salvezza potrebbe essere convincere il M5S a rinviare sospendere gli effetti della riforma Bonafede di un anno, il minimo sindacale richiesto da Italia viva. «Noi lo avevamo proposto ma avevamo capito che Bonafede era contrario ma se si fa il rinvio siamo i più contenti del mondo perché un rinvio ci darebbe modo di affrontare con più calma la riforma del processo penale», dice ancora Andrea Orlando, alla ricerca di una via d’uscita dall’imbuto in cui sembra essersi cacciato il governo.
Ma non sembra che il clima sia destinato a raffreddarsi con semplici appelli alla moderazione. Anzi, gli animi potrebbero surriscaldarsi ulteriormente dopo il ritorno in scena di Luigi Di Maio, che in diretta Facebook riprende i panni del capo politico e convoca una piazza per il 15 febbraio contro la «restaurazione» anti grillina. «Abbiamo tagliato i vitalizi e loro se li vogliono riprendere. Abbiamo fatto la legge sulla prescrizione, che è legge dello Stato, e adesso e la si sta rimettendo in discussione per provare a cancellarla. Abbiamo fatto il reddito di cittadinanza e c’è chi sta lanciando il referendum per prendersi quei soldi e metterli chissà dove», tuona il ministro degli Esteri, rispolverando i vecchi toni barricaderi, prima di mettere in guardia gli alleati: «Non si può governare un Paese o stare all’opposizione pensando a come abolire le leggi del Movimento». A buon intenditor...