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La polemica tra avvocati e giornalisti prosegue, oltre quello che la Camera Penale di Modena aveva definito un «fraintendimento della notizia, che si colloca tra la colpa grave e il dolo eventuale». La ragione rimane la stessa, il processo Aemilia ( un’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose in Emilia Romagna).
La vicenda, già raccontata su questo giornale, è della settimana scorsa: la Federazione Nazionale della Stampa Italiana e l’Ordine dei Giornalisti nazionale e locale hanno attaccato pesantemente l’istituzione, presso la Camera Penale di Modena, di un Osservatorio sull’informazione giudiziaria ( sulla scia di un’iniziativa tra l’altro giù esistente a livello nazionale da parte dell’Unione Camere Penali, che ogni anno pubblica il Libro Bianco sull’informazione giudiziaria). I penalisti modenesi, nell’annuncio dell’istituzione dell’Osservatorio, avevano spiegato che «l’informazione spesso diventa strumento dell’accusa per ottenere consensi e così inevitabilmente condizionare l’opinione pubblica e di conseguenza il giudicante: pensiamo ad esempio a quanto accaduto nel processo “Aemilia” allorché, pochi giorni dopo gli arresti, prima ancora delle decisioni del tribunale del riesame, è stato pubblicato e diffuso un libro che riportava fedelmente, quasi integralmente, il contenuto della misura cautelare con atti che dovevano rimanere segretati». proprio questo passaggio, definito dal pre- sidente dei penalisti modenesi Guido Sola «esemplificativo di una patologia, ma è scontato che l’Osservatorio non nasce certo per monitorare singoli processi, per di più se ancora in corso», aveva mandato su tutte le furie i giornalisti, che hanno definito «inquietante» e «dal sapore intimidatorio» l’iniziativa, perchè annunciata «in concomitanza con un’udienza dello stesso processo in cui un pentito ha rivelato che, tra i progetti degli ‘ ndranghetisti in Emilia, c’era anche quello di uccidere un giornalista scomodo. Del resto, non è la prima volta che sindacato e Ordine dei giornalisti sono costretti a occuparsi di intimidazioni, esplicite o velate, fatte a chi si occupa di informare i cittadini sul processo “Aemilia”». La Camera Penale modenese, che ha incassato il sostegno dell’Unione Camere Penali, dell’ordine degli avvocati di Modena e della Camera Penale di Reggio Emilia, ha risposto sul punto, sottolineando come «alla nostra iniziativa è stata associata una difesa ideologica da noi mai espressa alla criminalità organizzata, identificando il difensore con l’imputato». Il presidente della Camera Penale di Reggio Emilia, Nicola Tria, ha inoltre fatto sapere che anche il suo direttivo istituirà un Osservatorio locale sull’informazione giudiziaria, «non per intimidire chiccessia, ma semplicemente per monitorare i meccanismi della comunicazione e misurarli alla luce dei principi costituzionali» e ha offerto di organizzare a reggio Emilia un convegno con avvocati, magistrati e giornalisti, per «ragionare insieme sulle criticità».
La polemica ha infiammato la discussione per alcuni giorni e si è arricchita di un ulteriore tassello proprio ieri, quando è andato in onda sul Tg3 locale un servizio sul processo Aemilia. Nel servizio, è stata data notizia del fermo di un indagato e, dalle pagine del decreto di fermo della Dda di Bologna è emerso che, attraverso un avvocato, l’uomo avrebbe introdotto in carcere due chiavette usb a fini intimidatori. Nella chiosa, però, è stato fatto chiaro riferimento all’Osservatorio delle Camere Penali: «Proprio in questi giorni la Camera Penale di Modena e quella di Reggio Emilia hanno annunciato di voler monitorare l’informazione giudiziaria, in particolare sul processo Aemilia e, alla luce di quando indicato nel decreto della procura di Bologna, ci sarebbe quasi da sorridere, ma a far riflettere è il fatto che con le informazioni ricevute in cella gli imputati siano poi riusciti a condizionare alcune testimonianze».
Immediata la reazione degli avvocati. «Fare giornalismo non significa approfittarsi del potere mediatico per travisare le notizie. Ironizzare sull’iniziativa dell’avvocatura significa gratuitamente offendere l’intera categoria», hanno dichiarato Sola, Tria e il responsabile dell’Osservatorio, Alessandro Sivelli. I tre hanno ribadito come l’Osservatorio sull’informazione giudiziaria non nasca affatto in relazione all’inchiesta Aemilia ma, soprattutto, come sia assurdo collegare l’iniziativa con un fatto di reato ( «e gli avvocati, ammesso che siano indagati, sarebbero comunque presunti innocenti» ) che nulla ha a che vedere con l’attività delle Camere Penali.
In effetti, questo lascerebbero intuire le parole del giornalista. Come se l’Osservatorio nascesse per intimidire i giornalisti, in concomitanza con l’ipotesi di reato di un avvocato. Tuttavia, gli avvocati hanno deciso di non sporgere querela per diffamazione nè di chiedere rettifiche, «perchè anni di professione hanno insegnato che chiedere la rettifica di notizie diffamatorie non provoca altro che ulteriore diffamazione» . «Non abbiamo alcuna intenzione di rinfocolare una polemica», ha commentato Sola, il quale ha anticipato di aver già invitato, in accordo con la Camera Penale di Reggio Emilia, il presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna, Giovanni Rossi, ad un confronto pubblico su quanto sta accadendo, «per urlare con forza che l’informazione va difesa, ma che la stessa non consente di ingiuriare chiunque e di svolgere processi mediatici senza contraddittorio».