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PRESENTAZIONE DELL AREA INDUSTRIALE INTERNA DEL CARCERE DI BOLLATE
«Più telefonate per i detenuti, ogni suicidio è mia sconfitta». Con queste parole, nell’agosto 2023, il ministro della Giustizia Carlo Nordio si rivolgeva ai reclusi, promettendo un impegno concreto per migliorare le condizioni di vita nelle carceri. A distanza di due anni, però, quella dichiarazione rischia di trasformarsi in un monito incompiuto. Non solo il numero dei suicidi è aumentato, toccando il record di 91 casi nel 2024 e 25 con l’anno nuovo da poco iniziato: l’ultima una donna di 52 anni, condannata per l’omicidio del marito avvenuto anni fa. La detenuta, nelle prime ore di ieri mattina si è suicidata impiccandosi nella sua cella del carcere milanese di Bollate, come ha fatto sapere Gennarino De Fazio, segretario Generale della UilPa Polizia penitenziaria che ricorda anche l’operatore che si è tolto la vita.
In questo clima una delle misure simbolo annunciate dal ministro Nordio, l’aumento delle telefonate per i detenuti, è ancora ferma al palo nonostante il decreto carcere approvato a luglio dello scorso anno aveva stabilito che entro gennaio si sarebbe dovuto regolarizzare l’aumento. Un ritardo che viene denunciato da Rita Bernardini esponente di spicco di Nessuno Tocchi Caino, da decenni in prima linea per i diritti dei detenuti.
UN REGOLAMENTO FANTASMA
Il 4 luglio 2024, con il decreto- legge n. 92 (“carcere sicuro”), il governo inserì una norma per incrementare, seppur in modo limitato, il numero delle telefonate consentite ai detenuti, con l’obiettivo di “garantire la prosecuzione dei rapporti personali e familiari”. Una misura modesta, ma significativa in un sistema carcerario storicamente segnato da sovraffollamento e carenze strutturali. Il testo prevedeva però un passaggio cruciale: entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto ( quindi entro il 4 gennaio 2024), il ministero avrebbe dovuto emanare un regolamento attuativo per disciplinare le modalità delle chiamate.
Siamo ad aprile, e quel regolamento non esiste. Senza linee guida nazionali, ogni direttore di carcere applica criteri discrezionali: c’è chi concede più telefonate, chi le limita drasticamente. Come nel caso del carcere di Ancona Montacuto, dove – denuncia l’associazione Nessuno Tocchi Caino – i detenuti possono chiamare i familiari solo una volta alla settimana, per pochi minuti.
“SCADENZE CANZONATORIE PER LO STATO”
Come detto, a portare la questione alla luce è Rita Bernardini: «Se noi cittadini non rispettiamo una scadenza, ci tartassano. Se lo fa lo Stato, nulla succede, perché le loro scadenze sono “canzonatorie”, mentre le nostre sono “perentorie”». La critica è netta, ma circostanziata: Bernardini ricorda come il ministro Nordio, nel decreto del 4 luglio, abbia respinto la proposta dell’onorevole Roberto Giachetti di Italia Viva (sostenuta dalla stessa associazione) per la liberazione anticipata speciale, preferendo la vecchia ricetta che vede esclusivamente la questione edilizia.
Una scelta che, nei fatti, non ha arginato né il sovraffollamento né l’emergenza suicidi. Il cuore della denuncia, però, resta il ritardo sul regolamento delle telefonate. «Quelle chiamate non sono un privilegio – sottolinea Bernardini –, sono un diritto fondamentale. Isolare i detenuti significa aggravare il disagio psicologico, che spesso sfocia in gesti estremi». I dati le danno ragione: nel 2024, l’Italia ha registrato il picco storico di 91 suicidi in carcere, un numero che supera ogni precedente e che riflette una crisi umanitaria silenziosa. Ad oggi, a tre mesi del nuovo anno, siamo già a 24 reclusi che si sono tolti la vita.
Mantenere i contatti con l’esterno è cruciale per la salute mentale dei detenuti. Avere contatti regolari contatti familiari mostra minori sintomi depressivi. Le telefonate sono un’ancora alla normalità e ridotte significa accelerare processi di alienazione. In assenza di un regolamento, la disparità di trattamento tra istituti alimenta disuguaglianze. Situazioni che, di fatto, minano il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione. Le domande restano sospese: perché il ritardo? Quali ostacoli hanno impedito l’emanazione del regolamento? E soprattutto, quando arriverà? Non parliamo di una rivoluzione, anche perché l’aumento delle telefonate è minimo. Si passerebbero da quattro a sei le telefonate mensili di dieci minuti a disposizione del detenuto. «L’intento è da accogliere positivamente ma la concessione, oltre che insufficiente, appare non realmente produttiva di cambiamenti», aveva osservato l’associazione Antigone. Ma ad oggi, nemmeno questo.