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«L’ ordinamento giuridico non può autoassolversi rinviando all’ordinamento politico: oggi nessun giurista può sottrarsi alle responsabilità di partecipare a ricostruire un diritto capace di assolvere alle sue funzioni, in un momento storico in cui si assiste alla crescente incertezza dei confini tra lecito, consentito e illecito». Ha aperto così l’ex presidente della Camera e presidente di Italiadecide, Luciano Violante la conferenza dal titolo ' Cooperazione tra giurisdizioni superiori nell’interesse dei cittadini e della giustizia', durante la quale è stato dibattuto il Memorandum, presentato lo scorso maggio al Capo dello Stato Sergio Mattarella come comune dichiarazione di intenti di tutte le componenti del sistema giustizia. E all’invito di Italiadecide ha risposto l’intera galassia della giurisdizione e dell’accademia italiana. Al dibattito, infatti, hanno partecipato i massimi rappresentanti delle Corti superiori, i procuratori generali presso la Corte dei Conti Claudio Gualtieri e presso la Cassazione Vincenzo Geraci, il presidente del Cnf Andrea Mascherin e i giuristi Guido Alpa, Vincenzo Cerulli Irelli, Claudio Consolo e Maria Rosaria Ferrarese.
«Manca la ragionevole prevedibilità dei criteri che il giudice applicherà per la risoluzione di una controversia, le Corti superiori hanno il compito di dare certezze», ha detto Violante, anticipando il tema del dibattito e il ruolo che la giurisprudenza delle Alte corti - sulle quali grava la responsabilità della nomofilachia - può avere nell’ordinamento giuridico.
«La nomofilachia è l’antidoto all’incertezza del diritto - ha detto il primo presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Canzio - e permette la costruzione di una solida rete di precedenti autorevoli come presidio del sistema». E il presidente Canzio fissa un obiettivo per le Corti Superiori: «Muoviamoci nell’ottica del dialogo, per evitare la diversificazione dei principi del diritto a scapito delle garanzie per i cittadini». Un’indicazione accolta dal presidente del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, che ha sottolineato come serva una «assunzione di responsabilità davanti al Paese da parte delle giurisdizioni superiori», che però si scontrano con i problemi dell’inflazione normativa e la moltiplicazione delle fonti del diritto, che rendono «mobili i confini tra legislatore, amministratore e giudice, mettendo in crisi il sistema pubblico e scaricando sulla magistratura nuovi compiti». Questioni aperte e condivise anche dal presidente aggiunto della Corte dei Conti, Alberto Avoli, che ha ricordato come «l’eccesso di normazione renda difficile esercitare le funzioni ordinarie di giurisdizione e complica la necessità di estrapolarne i principi generali che guidano le decisioni» . In rappresentanza dell’avvocatura ha preso la parola il presidente del Consiglio Nazionale Forense, Andrea Mascherin, che ha fatto notare come «sia necessario che recuperiamo la nostra autostima: la giurisdizione italiana è di grande qualità, perchè si fonda su una attenta analisi del diritto e sul rispetto delle garanzie». Mascherin ha sottolineato l’importanza della dinamicità all’interno del sistema nomofilattico: «Oggi si assiste ad una grande dinamicità dei giudici di ultima istanza, ma stiamo attenti a non imbrigliamo il giudice di merito, che non deve essere privato delle sue prerogative di decisore e propositore». Infine, il presidente del Cnf affermato che, nell’ottica della cooperazione vitale tra i soggetti della giurisdizione per generare meccanismi virtuosi, «magistratura e avvocatura possono creare qualcosa insieme: un osservatorio comune sulla legislazione processuale». Quanto ai meccanismi di sistema, Mascherin ha ribadito il ruolo centrale dell’avvocatura come «equilibratore tecnico» all’interno della giurisdizione e, per farlo, «è necessario rafforzare la figura dell’avvocato in Costituzione, come soggetto di garanzia all’interno del processo». L’iniziativa dell’avvocatura - già presentata dal presidente del Cnf nell’assemblea degli Ordini e delle Unioni forensi - «punta al recupero dell’esclusività nella tutela dei diritti. Oggi il magistrato decisore subisce molte interferenze esterne ed è necessario intervenire proprio su questo, ritagliando il processo come un luogo diverso e non influenzabile dal cosiddetto processo mediatico, ma un luogo del diritto gestito dai soggetti tecnici della giurisdizione».
Del resto, come ha chiarito il presidente Violante negli auspici della conferenza, «l’obiettivo è valorizzare la comune cultura della giurisdizione come fondamento di una nomofilachia non meccanica, non gerarchica, colta e plurale, condivisa tra tutte le componenti attive del sistema giustizia».