All’indomani dell’attentato in Nuova Zelanda sono state disposte verifiche a tappeto nelle carceri di tutta Italia, per controllare le reazioni di detenuti islamici radicalizzati e di estremisti di destra alla strage. I controlli dell’Antiterrorismo partono dall’istituto penitenziario di Montacuto, ad Ancona, dove si trova Luca Traini.
Il rischio di ritorsioni è considerato alto. Anche se dal ministero dell’Interno fanno sapere che non risultano rapporti tra Brenton Tarrant e l’Italia, le indagini sono già iniziate. Il nome del terrorista australiano non era mai stato segnalato alla nostra intelligence – è stato svolto anche un controllo approfondito sui suoi contatti all’estero – ma il pericolo che ora qualcuno possa emularlo esiste.
A 24 ore della strage, ieri, il Viminale ha riunito in via straordinaria il Comitato di analisi strategica antiterrorismo e ha impartito direttive finalizzate a «evitare il rischio emulazione» e di fenomeni di ritorsione. Dalla riunione del Casa intanto è emerso che «l’eventualità di ritorsioni ad opera di ambienti radicali» effettivamente esiste, ed è pari al rischio di atti di emulazione. Per questo motivo è stata disposta «una rinnovata attività di monitoraggio» che partirà, appunto, dal monitoraggio nelle carceri, dove è più frequente assistere a fenomeni di radicalizzazione.
Ma non solo. È stato anche moltiplicato il lavoro d’intelligence per tenere sotto osservazione i soggetti pericolosi già schedati. Sono in corso intercettazioni e controlli serrati sul web, tra chat, blog e social network. Compresi i siti che addestrano online aspiranti giustizieri neonazisti, gruppi antisemiti e xenofobi. Un recente studio del Simon Wiesenthal Center ne ha identificati circa 12mila. Sono stati anche intensificati i contatti con forse di polizia e servizi segreti di altri Paesi per lo scambio di informazioni.
A poche ore dalla strage, anche il Dipartimento di Pubblica Sicurezza aveva chiesto massima attenzione, soprattutto ai luoghi di culto, con una circolare riservata a prefetture e questure. Un atto accompagnato dall’invito ad attivare tutte le fonti investigative «al fine di raccogliere ogni informazione circa l’eventuale pianificazione delittuosa».
Sul fronte delle indagini, le forze di polizia italiane hanno garantito la massima collaborazione internazionale. «I nostri apparati di sicurezza restano vigili per monitorare la situazione. Abbiamo la fortuna di contare su forze di polizia e intelligence tra le migliori al mondo, ma non abbassiamo la guardia – ha dichiarato Salvini – Non ci sono evidenze di rischi organizzati. Da quello che ci risulta l’attentato non è riconducibile a una rete, a un legame, a una strategia ma a degli infami, delinquenti che non si possono commentare».
Come sappiamo, la lotta contro la radicalizzazione in carcere si distingue in due fasi. Quella del rispetto dei diritti umani, quindi salvaguardando la dignità all’interno delle carceri e quella preventiva, attraverso un monitoraggio costante nelle carceri. L'analisi del fenomeno distingue i soggetti a rischio di radicalizzazione violenta e di proselitismo in tre livelli di pericolosità: monitorati, attenzionati e segnalati.
A monitorare costantemente il fenomeno della radicalizzazione è il nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria che acquisisce quotidianamente le informazioni da tutte le sedi penitenziarie. Il Nic viene considerato un corpo d'eccellenza dell'apparato penitenziario. Nasce con decreto del ministro della Giustizia del 14 giugno 2007 ed è posto nell'ambito dell'Ufficio per l'attività ispettiva e di controllo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. Svolge le proprie funzioni, sotto la direzione dell'Autorità Giudiziaria, su fatti di reato commessi in ambito penitenziario o, comunque, direttamente collegati ad esso, rappresentando così il maggior organo di controllo e di investigazione della Polizia Penitenziaria, secondo quanto previsto dall'art. 55 del codice di procedura penale.
Il responsabile del Nic è nominato dal Capo del Dipartimento che lo individua tra il personale appartenente ai ruoli direttivi della Polizia Penitenziaria, il quale relaziona direttamente al Direttore dell'Ufficio per l'attività ispettiva e di controllo. Nel corso degli anni il Dap ha adottato queste misure di controllo a carattere preventivo attraverso il monitoraggio e l'analisi del fenomeno della radicalizzazione e del proselitismo nelle carceri.