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carcere Le Vallette
Diceva che non riusciva a mangiare, ma gli operatori del carcere pensavano fingesse. Quando lo portarono alle Vallette, Antonio Raddi pesava 76 chili. Quando morì, stroncato da una infezione polmonare, il 30 dicembre 2019, sette mesi dopo l'entrata in cella, era sceso a 51. Aveva 28 anni. Il caso è ora al vaglio della magistratura: un giudice del tribunale dovrà valutare la richiesta dei genitori del giovane di non archiviare il fascicolo. E domani mattina a Torino, nella sede del Centro studi Sereno Regis, gli stessi familiari di Antonio incontreranno gli organi d’informazione per raccontare la storia del giovane. «Dopo due anni - spiegano parenti e legali - la Procura di Torino ha chiesto di archiviare il caso, senza colpevoli. Antonio è morto il 30 dicembre dopo avere perso un terzo del suo peso (25 chili, ndr) di fatto senza ricevere nessun aiuto. In questi due anni abbiamo chiesto giustizia, per Antonio e perché questo non debba più succedere, perché nessuno debba più morire disperato e abbandonato in una cella. Noi siamo convinti che nessuno possa accettare che si possa morire così, abbiamo creduto e vogliamo credere nella giustizia». All’incontro sarà presente, fra gli altri, anche Monica Gallo, Garante dei diritti delle persone private della libertà della Città di Torino.
Al fascicolo ha lavorato il procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo. La prima consulenza medico-legale gli era sembrata superficiale e ne aveva disposta una seconda, affidandola ad altri specialisti. E non erano emerse indicazioni sufficienti per sostenere l'accusa nei confronti dello staff sanitario del carcere (gli indagati sono quattro). Ma gli stessi esperti avevano manifestato delle perplessità: il progressivo calo di peso avrebbe dovuto essere «contrastato diversamente, anche con l'ausilio di approfondimenti clinico specialistici e di laboratorio». Cose che non sono state fatte. Ed è su questo punto che gli avvocati della famiglia, Massimo Pastore e Gianluca Vitale, daranno battaglia. Perché è vero che non fu la fame a uccidere Antonio. Ma il deperimento - è il parere dei medici - abbassò le difese immunitarie ed ebbe un «ruolo causale» nell'insorgenza della polmonite da Klebsiella che gli fu fatale.