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L’assoluzione di Henry John Woodcock dal capo di imputazione più grave, cioè quello di aver violato i diritti di difesa dell'ex consigliere di Palazzo Chigi Filippo Vannoni, sentito come testimone e non come indagato, quindi senza la presenza dell’avvocato, è una ulteriore conferma del mutato clima all’interno dell'attuale Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza, la memoria va infatti ad una vicenda analoga, quella di Vera Guidetti, la farmacista che uccise la madre ultranovantenne e poi si suicidò qualche giorno dopo essere stata ascoltata, nel marzo del 2015, dall’allora procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini come testimone in un’indagine su un furto di gioielli avvenuto nel capoluogo emiliano. La Sezione disciplinare del Csm, all’epoca, aveva condannato con la censura il magistrato per aver “trascurato” le garanzie difensive a tutela della donna e per avere in questo modo colpevolmente violato le norme processuali. Giovannini fece poi ricorso, senza successo, in Cassazione. Il collegio era presieduto dal laico Antonio Leone, relatore della sentenza il togato Luca Palamara.
«Riguardo la mancata iscrizione di Guidetti nel registro degli indagati – si legge nella sentenza - appare necessario procedere alla descrizione di tutti gli elementi di prova che delineano la condotta antecedente, contemporanea e successiva all’esame come persona informata della stessa Guidetti nella giornata del 9 marzo 2015 e che fanno emergere per le ragioni di seguito indicate una responsabilità dell’incolpato per la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile nell’applicazione del citato art. 63 cpp».
La farmacista, in un biglietto trovato a casa sua, scrisse che Giovannini l’aveva trattata come una criminale e non aveva creduto nella sua buona fede. Per il Csm, Giovannini doveva interrompere l’audizione della donna, iscriverla nel registro degli indagati e invitarla a nominarsi un difensore dal momento che nel frattempo a casa della Guidetti erano stati trovati dei gioielli che lei aveva ammesso di custodire su richiesta di un ragazzo nomade, Ivan Bonora, sospettato del furto. La posizione della farmacista era dunque cambiata e doveva essere iscritta nel registro degli indagati.
Come nel procedimento Woodcock, l’accusa era sostenuta dal sostituto pg della Cassazione Mario Fresa. Nella sua requisitoria fu molto severo con Giovannini e gli investigatori, parlando di un modo di procedere da “Stato di polizia”. La sentenza del Csm, come detto, venne confermata in Cassazione. «La Sezione disciplinare non ha addebitato a Giovannini scrissero i giudici di piazza Cavour - le soggettive ricadute psicologiche per la Guidetti, anziana farmacista, né gli insani suoi gesti, bensì l’aver trascurato, nel corso del suo esame, prolungato e ripetuto, quelle minime garanzie difensive a lei spettanti quale persona ` di fatto ´ indagata e la prosecuzione dell’esame, sempre quale persona informata sui fatti, nonostante fosse esigibile l’iscrizione dell’esaminata nel registro delle notizie di reato, con tutte le conseguenze di legge sul piano difensivo». Il Csm aveva correttamente motivato il suo provvedimento «rispetto alla peculiare offensività della condotta omissiva e commissiva ascritta al dottor Giovannini, nell’attuale assetto del valore costituzionale e convenzionale dato alle garanzie difensive e al giusto processo».
Il primo ieri ad evidenziare il cambio di passo della Sezione disciplinare, di cui fa parte Piercamillo Davigo, è stato lo stesso Giovannini, attualmente sostituto pg a Bologna. «Da quel che ho letto sulla stampa ci sono aspetti tecnico processuali simili alla vicenda che mi ha riguardato. Nel mio caso i fatti sono ormai coperti dal giudicato e le sentenze, anche quelle che possono non piacere, si rispettano», così Giovannini interpellato dall’Ansa proprio sull’assoluzione di Woodcock.