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Alla fine, martedì, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha emanato una circolare che revoca la famosa nota del 21 marzo che aveva ordinato le direzioni carcerarie di segnalare alle autorità giudiziarie i detenuti vecchi e malati. Quella famosa circolare è stata messa all’indice dalla commissione Antimafia presieduta da Nicola Morra, perché considerata responsabile della detenzione domiciliare concessa ai circa 500 reclusi per reati mafiosi. La circolare che revoca quella precedente, a firma del capo Dap Bernardo Petralia e del suo vice Roberto Tartaglia, è ben motivata e non stigmatizza assolutamente quella precedente. Anzi, i vertici del Dap spiegano il perché ora non è più necessaria. Vale la pena riportare tutto il contenuto. Il Dap scrive che «la legge n. 27 del 24 aprile 2020, nel convertire il decreto - legge n. 18 del 17 marzo 2020, al comma 17 dell'art. 83 ha indicato al 31 maggio 2020 il periodo relativo alla sospensione dei permessi premio e del regime di semilibertà», ma dopodiché «l’articolo 4 del decreto-legge n. 29 del 10 maggio 2020, pur continuando a prevedere fino al 30 giugno 2020 - per il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie idonee a prevenire il rischio di diffusione del contagio - lo svolgimento a distanza dei colloqui di cui agli artt 18 O.P. e 37 del d.P.R.. 230 del 2000, ha comunque "reintrodotto" i colloqui de visu». Il Dap prosegue spiegando che la lettera cc) dell’art 1 comma 1 del D.P.C.M. del 17 maggio 2020, come modificata dall’art 1 del D.P.C.M. del 18 maggio 2020, «non contiene più riferimenti alla raccomandazione di valutare la possibilità di misure alternative di detenzione domiciliare». Non solo, nella circolare si sottolinea che «il numero dei ristretti positivi al Covid -19, pari oggi a 66 persone su poco più di 53.000 detenuti, è in costante diminuzione. Negli istituti penitenziari risultano in atto protocolli di prevenzione dal rischio di diffusione del contagio», quindi, conseguentemente «si dispone la sospensione dell'efficacia delle disposizioni impartite con la nota n. 95907 del 21 marzo 2020». Però il Dap aggiunge, dimostrando accortezza, che «resta evidentemente impregiudicato il disposto della normativa e delle altre circolari in materia. Resta parimenti impregiudicata la necessità del più accurato monitoraggio delle condizioni di salute dei ristretti e fra questi, in particolare, di coloro maggiormente a rischio di complicanze in caso di contagio». Ora quindi la nota circolare del 21 marzo è sospesa. Importante anche per sapere che fino all’altro ieri, di fatto, sono rimaste le disposizioni per la comunicazione alla Autorità giudiziaria, «per le eventuali determinazioni di competenza», dei nominativi dei ristretti in condizioni di salute tali da comportare un elevato rischio di complicanze in caso di contagio.Questo è anche importante perché, fino all’altro ieri, i direttori penitenziari avevano l’obbligo di fare determinate segnalazioni. In realtà anche senza quella circolare sono tenuti a farlo. L'art. 23 comma 2 del Regolamento di Esecuzione penitenziaria prevede che «fermo restando quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 24, qualora dagli accertamenti sanitari o altrimenti, risulti che una persona condannata si trovi in una delle condizioni previste dagli articoli 146 e 147, primo comma, numeri 2) e 3), del Codice Penale, la direzione dell'Istituto trasmette gli atti al magistrato di Sorveglianza e al tribunale di Sorveglianza per i provvedimenti di rispettiva competenza. La Direzione provvede analogamente, quando la persona interessata si trovi in custodia cautelare, trasmettendo gli atti alla Autorità Giudiziaria procedente».Inoltre, l'Art. 108 del predetto Regolamento di Esecuzione, prevede che «Il Pubblico ministero competente per l'esecuzione, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, il direttore dell'istituto penitenziario e il direttore del centro di servizio sociale (ora ufficio locale di Esecuzione penale esterna), quando abbiano notizia di talune delle circostanze che, ai sensi degli articoli 146 e 147, primo comma, numeri 2) e 3), del Codice Penale, consentono il rinvio dell'esecuzione della pena, ne informano senza ritardo il Tribunale di Sorveglianza competente e il Magistrato di Sorveglianza». Questo senza alcuna distinzione, che siano detenuti ostativi o meno.