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Un protocollo per promuovere la cultura della legalità ed il rispetto dei diritti dei migranti: è quello sottoscritto ieri dal Consiglio nazionale forense e dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, principale organizzazione intergovernativa in ambito migratorio, da settembre 2016 agenzia collegata alle Nazioni Unite. Un accordo finalizzato alla realizzazione di iniziative di informazione e formazione, attraverso percorsi formativi, anche di carattere pratico, in grado di rendere avvocati e praticanti capaci di acquisire conoscenza, abilità e competenze in merito al ruolo esercitato sia nelle attività processuali sia extraprocessuali.
Il programma verrà attuato attraverso l’istituzione di un comitato di coordinamento costituito da quattro membri, di cui due nominati dal Cnf (Francesco Caia e Anton Giulio Lana) e due dall’Oim ( il direttore dell’Ufficio di Coordinamento per il Mediterraneo, Laurence Hart, e il funzionario Sviluppo progetti). «La scelta di condividere questo percorso - ha spiegato la presidente facente funzione del Cnf, Maria Masi - nasce dalla consapevolezza che l’argomento appartiene all’avvocatura, sia per una questione identitaria, con riferimento al ruolo che svolgiamo, sia con riferimento alle attività che nel corso di queste consiliature l’avvocatura istituzionale ha inteso assumere, anche con l’attività della Commissione per i diritti umani coordinata dal consigliere Caia.
Questo accordo ha tra gli obiettivi un’attività di sensibilizzazione sul tema, una formazione specifica, peraltro resa ancora più opportuna dalla recente approvazione del decreto sulle specializzazioni, che ha individuato i diritti umani come profilo di indirizzo specifico di formazione. E soprattutto che l’avvocatura abbia gli strumenti adeguati e utili per intercedere in quell’attività necessaria sia di decodificazione sia per correggere il tiro di un’informazione, spesso su questo argomento, non sempre corretta». Un impegno, quello nel campo dei diritti umani, ribadito da Caia, che ha parlato di un percorso «estremamente difficile, fatto non solo di impegno nella formazione, ma anche di sensibilizzazione sui temi che riguardano i diritti fondamentali.
Un impegno a tutto campo nell’ambito di un progetto di società diversa che immaginiamo come avvocatura italiana». Il protocollo, ha spiegato Hart, consentirà all’avvocatura di avere strumenti e armi per «dare risposte contemporanee a un fenomeno contemporaneo». Si tratta «di un fenomeno molto complesso e gli avvocati sono parte della risposta alle sfide che questo comporta. La nostra intenzione, come agenzia delle Nazioni Unite, è proprio quella di offrirne una lettura complessiva e articolata, per cercare di vedere come possa essere meglio compreso e come gli avvocati possano rispondere, ad esempio, ad alcuni fenomeni che richiedono risposte legali, come la messa in protezione delle vittime di tratta e la prosecution degli sfruttatori. Per noi è un'opportunità per dare una risposta più completa e permettere agli avvocati di essere degli alleati nella sfida che l’immigrazione ci pone». La migrazione è un calderone complesso, che negli ultimi anni è stata vittima di «una narrativa tossica e di opportunismo politico- elettorale, che ha portato vari schieramenti a cavalcare questo tema per interessi di parte. Cercare di fare chiarezza sui fenomeni è fondamentale e il ruolo dell’avvocato è importante per individuare le priorità, da un punto di vista legale, per gestire al meglio le cose».
La formazione prevedrà corsi dedicati da associare a percorsi pratici, per comprendere come il fenomeno si manifesta. «Noi lavoriamo molto, ad esempio, sulla lotta contro il caporalato, con il ministero del Lavoro e l’ispettorato nazionale del lavoro - ha concluso - e ci piacerebbe associare ad alcune visite che facciamo anche l’avvocatura, per consentire di capire meglio, attraverso casi specifici, la complessità del fenomeno».