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«Ci interessa una cosa: che la semplificazione o la modifica delle regole non incida sull’effettività della tutela dei diritti, sugli spazi di contraddittorio da assicurare alle parti. Ecco perché invitiamo ancora il governo a una riflessione sull’opportunità di modificare lo schema del processo di cognizione. Ma viste proprio le riserve sulla parte della riforma civile che ridefinisce il giudizio dinanzi al giudice monocratico, sarebbe davvero contraddittorio impedire che in materia di lavoro le negoziazioni assistite possano essere conclusive, non impugnabili: si tratta delle modifiche che avrebbero il miglior effetto deflattivo». A dirlo è il consigliere del Cnf Andrea Pasqualin. Che ha dedicato una parte non piccola delle proprie energie, negli ultimi anni, al confronto tecnico col governo in vista della riforma del processo civile. Ora il testo varato giovedì notte dal Consiglio dei ministri colpisce per il paradosso di una novità, relativa appunto alle negoziazioni “concluse” con gli avvocati in materia di lavoro, improvvisamente scomparsa. Non a caso, lo stesso presidente del Cnf, Andrea Mascherin, si è soffermato sul punto in un breve scambio con i cronisti ieri a Palermo: «I testo del ddl è sicuramente migliorato rispetto alle ipotesi avanzate prima che si aprisse il tavolo con avvocatura e magistratura, ma servono ulteriori passaggi migliorativi innanzitutto per rimediare al mancato riconoscimento della possibilità di negoziazione in capo agli avvocati nella materia del lavoro: si può giungere a un testo che sia assolutamente condiviso e condivisibile», dice il Mascherin, «e spero di farlo perché credo sempre nel confronto costruttivo». Sarà possibile riannodare i fili del dialogo, consigliere Pasqualin? Ne sono convinto. Guardo alla storia di questa riforma: siamo partiti da preclusioni molto rigide e dall’attribuzione al giudice di una potestà persino invasiva di regolazione del traffico. Era uno schema capovolto rispetto alla concezione del processo civile, che deve privilegiare l’effettività del contraddittorio tra le parti. Quello schema è stato superato grazie alla capacità di ascoltodimostrata da ministro. Restiamo convinti di poter riprendere l’interlocuzione con lui, così come la intavoleremo in Parlamento con le forze di maggioranza. Sia rispetto alla sostanziale esclusione della negoziazione assistita in materia di lavoro, sia sulle modifiche che rischiano di disperdere il processo nella lite sui formalismi. Ma il ripensamento sulle negoziazioni può spiegarsi con un sussulto ideologico nella materia sempre “sensibile” del lavoro? Credo che ci sia qualcuno a cui non faccia comodo consentire accordi non impugnabili tra le parti assistite dai soli legali di fiducia. Probabile che si tratti di un soggetto sindacale, ma non è così importante affannarsi a individuarlo. È da escludere invece che una procedura così efficace in termini deflattivi sia stata eliminata per pregiudizio ideologico: la difesa tecnica è un presupposto sufficiente a scongiurare i rischi di abusi o asimmetrie. Vuole la controprova? A cosa si riferisce? Al fatto che, com’è noto, gli avvocati lavoristi si dividono tra chi difende in prevalenza datori di lavoro e chi in genere assiste i lavoratori: ebbene, sulle negoziazioni non ho mai sentito una voce in dissenso all’interno dell’avvocatura, da quando nel 2014 si è iniziato a ipotizzare la riforma. In generale, il ddl civile ha superato il rischio di dirottare la decisione del giudice dal merito alla verifica sul rispetto delle regole? Non del tutto, ed è l’altro aspetto sul quale auspichiamo un’ulteriore riflessione. L’esperienza consolidata insegna che con la revisione delle procedure non si guadagna efficienza. E che in ogni caso si tratta di una leva da adoperare con cautela, perché rischia di ridurre l’effettività della tutela. È evidente che la maggiore efficienza si ottiene innanzitutto con maggiori risorse e migliori capacità organizzative. Sarebbe preferibile lasciare immodificate le facoltà di integrazione della difesa garantite dall’attuale sistema. In particolare per le cause dinanzi alle sezioni specializzate? A maggior ragione in tali casi, certo: il rito attuale funziona bene,è sperimentato, necessita di una manutenzione solo su aspetti limitati. Le modifiche ora previste nel ddl rischiano di scontare l’impossibilità, per il giudice, di accelerare davvero i tempi della causa: se il calendario e il carico di lavoro non glielo consentono, i sacrifici imposti alle parti finirebbero per essere immotivati. A maggior ragione appare contraddittoria la parziale rinuncia al rafforzamento delle negoziazioni, che rappresentano invece la novità più incisiva. Sarebbe una contraddizione con gli obiettivi della riforma. Ma ricordo da quale testo siamo partiti, e che si era ipotizzato di proporlo addirittura con decreto legge. Il dialogo col ministro ha impedito quell’esito, e ora credo ci sia un ampio margine per ridiscutere insieme gli aspetti ancora critici della riforma.