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Arriva un altro secco no alla realizzazione del nuovo padiglione. Continua a far discutere il carcere di Parma, un penitenziario problematico dal punto di vista della tutela del diritto alla salute tanto che la Ausl locale stessa - in documento reso pubblico da Il Dubbio – lo dipinge ad “alta complessità sanitaria”.
Se prima erano i sindacati di polizia penitenziaria, ora è la volta delle associazioni a stigmatizzare l’apertura del nuovo padiglione enfatizzato recentemente dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Le Associazioni di volontariato penitenziario e gli Enti del Terzo Settore che operano a favore degli Istituti penitenziari di Parma esprimono infatti preoccupazione per l’annunciato e imminente trasferimento di 200 persone detenute nel nuovo padiglione all’interno dell’area di Strada Burla che porterà la popolazione detenuta a circa 800 unità, con aggravio anche sulle politiche del territorio e sulle già scarse risorse finanziarie. È quanto emerge dall’appello firmato dalla Rete Carcere, associazione San Cristoforo, Svoltare cooperativa sociale, associazione Per Ricominciare, Comunità Betania e Consorzio solidarietà sociale di Parma.
«Ci inquieta – si legge nell’appello - in particolare la grave carenza di organico del personale di custodia, del personale dell’area trattamentale, del personale sanitario. Siamo solidali con gli agenti penitenziari che pubblicamente hanno più volte segnalato la carenza di almeno cento unità per assicurare il rispetto dei livelli minimi di sicurezza». La solidarietà dei volontari delle associazioni si estende all’area educativa composta da 4 funzionari giuridico- pedagogici in servizio ( su 10 previsti per il vecchio complesso e senza alcuna previsione per il nuovo) i quali saranno ulteriormente in grave difficoltà nel garantire l’attività di osservazione e programmazione trattamentale nel rispetto del loro mandato istituzionale finalizzato all’umanizzazione della pena e al reinserimento nella società delle persone detenute.
«Non dimentichiamo – si continua a leggere nell’appello - anche che nel carcere di Parma esiste un presidio per il trattamento di patologie in fase acuta o cronica; il personale sanitario, in carenza di organico, sarà ulteriormente in difficoltà per garantire il rispetto dei livelli minimi di assistenza sanitaria». Anche la nuova struttura agli occhi dei volontari pare progettata per finalità di mera custodia essendo priva di locali finalizzati ad attività formative, lavorative, relazionali e socializzanti, salvo diversa destinazione di alcuni locali ora destinati a celle a 3 letti.
Le Associazioni ed Enti del Terzo Settore sollecitano perciò le Amministrazioni penitenziarie e territoriali di competenza con delle proposte: rinviare temporaneamente i provvedimenti di apertura del nuovo padiglione; adeguare prioritariamente le suddette piante organiche con il preventivo confronto con il Garante dei Detenuti, con i sindacati di categoria, con la rappresentanza del volontariato; proporre un ragionevole adeguamento della logistica del suddetto padiglione ad un irrinunciabile programma di attività finalizzate all’umanizzazione e al reinserimento. Condividono preoccupazioni e proposte dei firmatari dell’appello anche la Consulta diocesana per la Pastorale sociale e del lavoro, Acli provinciali di Parma e il movimento cristiano dei lavoratori provinciale di Parma.
Ricordiamo che il nuovo fabbricato è interamente realizzato con il sistema della prefabbricazione, setti portanti, solai alveolari e bagni prefabbricati. Si articola in altezza in un numero complessivo di sei piani di cui cinque fuori terra ed uno interrato; in pianta, invece, si sviluppa con forma rettangolare, blocco centrale adibito a servizi e due ali laterali simmetriche adibite a spazi propri della vita detentiva. Spazi che però non permetterebbero attività trattamentali.