Papa Francesco ha aperto la Porta Santa del carcere di Rebibbia questa mattina alle 8.50, portando un messaggio di speranza e vicinanza ai detenuti. A differenza dell’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro, il Pontefice ha attraversato la soglia sulle proprie gambe, per poi raggiungere l’altare su una sedia a rotelle e celebrare la Santa Messa.

«Ho voluto che ognuno di noi avesse la possibilità di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude», ha detto, subito prima, il pontefice. La porta è quella della Chiesa del Padre Nostro, attigua all'istituto di pena. Subito dopo Bergoglio è entrato nella chiesa, accompagnato da monsignor Benoni Ambarus, vescovo ausiliare di Roma per l'ambito della diaconia della carità e due agenti di custodia. Presenti molti fedeli e anche il ministro della giustizia, Nordio, e il capo dimissionario del Dap Giovanni Russo.

«La decisione di Papa Francesco di aprire la Porta Santa a Rebibbia impegna tutti noi ad affrontare il tema carceri». Lo scrive su X il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. «Che fare? Intervenire sulla carcerazione preventiva, pena in comunità per i tossicodipendenti, più giudici di sorveglianza e agenti Penitenziaria. La pena è privazione della libertà, non della dignità», aggiunge Tajani.

I precedenti

L’evento richiama alla memoria la visita di Papa Giovanni XXIII al carcere di Regina Coeli nel 1958, un gesto simile per spirito e intenzione. Papa Roncalli, pochi mesi dopo l’elezione, portò conforto e misericordia ai detenuti. «Son venuto – disse – . M’avete veduto. Io ho messo i miei occhi nei vostri occhi. Ho messo il cuor mio vicino al vostro cuore. Questo incontro, siate pur sicuri che resterà profondo nella mia anima». Con questi gesti, Roncalli sottolineò: «Ho ben piacere che sia proprio un’opera di misericordia».

La missione di Papa Francesco oggi non è diversa: trasmettere che c’è una seconda possibilità per tutti. Durante la sua visita, il Cardinale José Tolentino de Mendoça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, ha spiegato il significato del progetto “L’arte contemporanea in carcere: la sfida della speranza”, promosso dalla Santa Sede.

«Questo progetto vuole mettere al centro il tema delle carceri e l’arte, essendo un ponte, può avere un ruolo decisivo», ha dichiarato de Mendoça. Il cardinale ha aggiunto: «In analogia con quanto succede a Rebibbia, anche in altre carceri saranno aperte altre ‘Porte della Speranza’. L’obiettivo è accompagnare i detenuti a vivere in modo riabilitativo e a prepararsi al rientro nella società. Il carcere non è un luogo di punizione, ma di riabilitazione. Tutto il mondo è chiamato a interessarsi di più».

Con questa visita, Papa Francesco ha voluto ricordare che «tutti noi come Chiesa e società siamo chiamati ad abbracciare le carceri con umanità». La Porta Santa di Rebibbia diventa così un simbolo di un messaggio universale: la possibilità di redenzione e la speranza in un futuro migliore.