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Gli atti del Consiglio giudiziario di Torino, quello che ha visto all’ordine del giorno la sostituzione della gip di Verbania Donatella Banci Buonamici nell’ambito dell’inchiesta sulla tragedia della funivia del Mottarone, sono segreti. Impossibile, allo stato attuale, conoscerne il contenuto, trasmesso al Csm affinché decida se nel piccolo Tribunale piemontese sia successo qualcosa di strano. Ma qualche informazione, dalle stanze del Palazzo di Giustizia “Bruno Caccia”, è riuscita a trapelare. E ciò perché all’ultima assemblea, quella che ha dato parere negativo sulla sostituzione della giudice che ha scarcerato due indagati e mandato ai domiciliari il terzo, c’era uno spettatore. Si tratta di Alberto De Sanctis, presidente della Camera penale di Torino, ammesso ad assistere alla riunione dopo una camera di consiglio durata circa 40 minuti. Ed è grazie a lui se, oggi, è possibile ricostruire con qualche dettaglio in più quanto accaduto il 29 giugno scorso. «Il magistrato relatore ha sottolineato la contraddittorietà del decreto presidenziale, l’inspiegabile sperequazione rispetto a tutti gli altri procedimenti non riassegnati, la violazione del principio di concentrazione in forza del quale un fascicolo già assegnato ad un gip, ancorché in violazione del sistema tabellare, non deve essere riassegnato», si legge in una nota del direttivo della Camera penale. Un parere che si basa su un dato di fatto, spiegato proprio da Banci Buonamici al Dubbio: negli ultimi quattro mesi, la gip si è autoassegnata circa 70 fascicoli, a causa della sofferenza dell’ufficio gip/gup, in carenza di organico e alle prese con l’esonero di Elena Ceriotti, attuale titolare del fascicolo. Autoassegnazioni fatte tutte seguendo lo stesso metodo del caso della funivia, ma solo quest’ultimo le è stato sottratto. Proprio per tale motivo, dunque, il magistrato relatore ha proposto di esprimere parere negativo, illustrando una bozza di dispositivo. Ma è a questo punto, spiega il direttivo dei penalisti di Torino, che il procuratore generale di Torino, Francesco Enrico Saluzzo, è intervenuto, «cercando di difendere la legittimità del provvedimento del presidente del Tribunale» e sostenendo la tesi «che semmai il presidente del Tribunale avrebbe dovuto riassegnarlo ad altro gip e non alla dottoressa Ceriotti, ma comunque riassegnarlo». Qui è necessario un passo indietro: il Pg, il 4 giugno scorso, ha inviato una mail al presidente del Tribunale, Luigi Maria Montefusco, esattamente tre giorni prima che lo stesso sostituisse la gip. Una mail, aveva spiegato nell’immediatezza dopo le prime voci su presunte «pressioni», finalizzata solo ad accertare la consistenza delle minacce ricevute da Banci Buonamici - presa di mira sul web per la decisione di scarcerare gli indagati - in qualità di titolare delle iniziative in materia di sicurezza delle toghe. Ed è proprio per questo motivo, secondo i penalisti, che suonerebbe strana la sua proposta «di inserire un inciso nel dispositivo», affinché fosse messo agli atti di dover ritenere «legittimo l’esercizio del potere sostitutivo del presidente del Tribunale. Due consiglieri, uno togato e l’altro laico, sono intervenuti per ribadire la correttezza dell’originaria proposta del Consigliere relatore, ma il procuratore generale ed il presidente hanno insistito per introdurre l’”inserto” che è obiettivamente disorientante ed ambiguo: il parere è negativo ma il potere è stato esercitato legittimamente (il Barocco non sempre è una forma d’arte)», continuano i penalisti. Il Consiglio ha quindi deliberato all’unanimità, approvando «il parere “negativo-positivo”». Ma il pg ha chiesto di ribadire il voto con alzata di mano: «Voleva essere sicuro del risultato conseguito», continua il documento dei penalisti. Ad inizio riunione, il Pg ha letto un atto a sua firma inviato al Csm e al procuratore generale presso la Corte di Cassazione, col quale annunciava azioni legali nei confronti di chiunque abbia ipotizzato pressioni sul presidente Montefusco - Unione delle Camere penali e Camera penale di Verbania comprese -, difendendo la legittimità della sua interlocuzione con Montefusco. «Un’autodifesa non richiesta in quella sede», secondo De Sanctis, che però evidenzia un aspetto: il Pg, per la prima volta, ha ammesso che la mail non riguardava soltanto il problema della scorta, come da lui affermato più volte pubblicamente, questione da affrontare, eventualmente, con la Prefettura, ma ha riconosciuto «di aver espresso “sconcerto” per quanto riferitogli da più parti e quanto letto sugli organi di stampa circa le tensioni processuali tra pm e gip auspicando che gli attriti venissero ricondotti nell’alveo della fisiologia dei rapporti». Secondo De Sanctis il Pg «ha cambiato la versione circa il contenuto del suo “intervento” nella vicenda in questione». Un intervento comunque «illegittimo», secondo De Sanctis, dal momento che il procuratore generale non ha «alcuna competenza funzionale interna all’amministrazione della giustizia» nei confronti del presidente di un Tribunale. «Molto semplicemente - continua la nota del direttivo - in una comunicazione finalizzata a tutelare la sicurezza di un magistrato il procuratore generale non può intervenire nel merito delle decisioni assunte, non può esprimere giudizi sul comportamento di un giudice, non può auspicare soluzioni “pacificatorie”». Nonostante il suo coinvolgimento, però, nessun membro del Consiglio giudiziario ha invitato il pg ad astenersi, così come previsto dall’articolo 15 del regolamento del Consiglio. Invece, tutti hanno alzato la mano, quando richiesto. «L’unico presente nel pubblico - ha dunque evidenziato De Sanctis - si è alzato dalla sedia con la plastica sensazione che nel quotidiano della vita giudiziaria la cultura della giurisdizione, che attualmente vede pubblici ministeri e giudici all’interno del medesimo ordinamento, sia ormai sempre più caratterizzata da una forte matrice inquisitoria».