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Almeno per una volta, il riuso dei beni mafiosi va a buon fine. Non sempre è successo, ma ieri una delle residenze di Totò Riina da latitante è stata nobilitata dall’allestimento della camera ardente per Rita Borsellino. La sorella del giudice Paolo ucciso nel ’ 92 in via D’Amelio è stata salutata da centinaia di persone al civico 52 di via Bernini a Palermo, nell’edificio che ospitò il sanguinario capo di Cosa nostra e che alcuni anni fa il Comune di Palermo ha affidato al Centro studi Paolo Borsellino, curato da Rita e, ora, dai suoi figli. Una processione silenziosa iniziata in realtà già nel pomeriggio di Ferragosto in via D’Amelio, subito dopo che la notizia della scomparsa della 73enne, parlamentare europea dal 2009 al 2014, si era diffusa. Rita Borsellino si è spenta dopo una lunga malattia all’ospedale Civico del capoluogo siciliano, dopo che nell’anniversario della strage di via D’Amelio, lo scorso 19 luglio, le era stato difficile anche presenziare alle commemorazioni di Paolo. Ma pure, alla vigilia della ricorrenza, stanca e costretta su una sedia a rotelle, aveva trovato un filo di voce per ripetere: «La memoria è vita che si coltiva ogni giorno». Forse la testimonianza più bella di questa donna ora omaggiata da tutti, anche dagli avversari. Lei, di certo, ha trasformato lo strazio per il barbaro assassinio del fratello in reazione vitale. Non se n’è lasciata schiacciare né l’ha resa una lunga processione degli eccessi, come è capitato forse all’altro suo fratello, Salvatore, ma con un sorriso appena accennato, con dolcezza, con straordinaria e inusuale ( per la politica) dignità, è divenuta testimone dell’antimafia tra le più autentiche. Presidente onorario di Libera, fondatrice di una “Carovana antimafie” che dà il senso di un attivismo da vera donna di sinistra, poi candidata con alla presidenza della Sicilia e alle primarie pd per la corsa a sindaco di Palermo, Rita ha conosciuto fortune altalenanti nelle urne, dove l’hanno battuta Totò Cuffaro come lo sconosciuto Fabrizio Ferrandelli. Solo quando si è candidata al di fuori di una logica da duello, cioè all’Europarlamento nel 2009, il riconoscimento è arrivato pieno e indiscutibile, con 230mila voti.
Ora sono tutti con lei. C’è una folla di messaggi e dichiarazioni. di cordoglio. Persino chi come Matteo Salvini non si è mai indel crociato con Rita, né da alleato né da avversario, riconosce «il suo esempio che costituirà un punto di riferimento, soprattutto per le giovani generazioni, nella lotta contro le mafie». Il governatore della Sicilia Nello Musumeci la ricorda come un «simbolo», il numero uno dell’Assemblea regionale Gianfranco Micciché come «una donna straordinaria», il gruppo dei cinquestelle al Parlamento siciliano celebrano «la signora Borsellino» che «ha saputo trasforare il suo dolore in costante impegno antimafia». Fino al segretario del Pd Maurizio Martina e alla capogruppo di Forza Italia al Senato Anna Maria Bernini. Ma non può passare inosservato il cordoglio, che umanamente sarà pure sincero, di chi come Leoluca Orlando, nel 2012, prima la condusse per tutta Palermo come sua candidata preferita alla carica di primo cittadino e poi - dopo che Rita perse le primarie contro Ferrandelli - scese in campo in prima persona per vincere di nuovo.
Resta un giusto dolceamaro, nel rivedere il rapporto tra la sorella del giudice Paolo e la sua città. Interpellato dal Dubbio, l’ex pm di Palermo e oggi avvocato Antonio Ingroia, da’ questa spiegazione: «Rita è stata sul serio una figura straordinaria per l’impegno civile, e credo che la sua testimonianza da ricordare prima di tutte le altre sia quella portata fra gli studenti, nelle scuole, già subito dopo l’assassinio di Paolo. Dall’altra parte, i risultati delle sue esperienze politiche, alle Regionali del 2006 ma anche alle Comunali di Palermo nel 2012, dimostrano quanta strada ci sia da fare, per il nostro Paese, quanto a cultura della legalità e dell’Antimafia. Quei risultati», dice Ingroia, «furono mortificanti per la Sicilia e per l’Italia. Storicamente fanno il paio con quelli a cui andò incontro il mio Caponnetto: sono la dimostrazione che le battaglie antimafia non pagano in termini di consenso».
E per la farmacista nata nel quartiere tra i più difficili del capoluogo Siciliano, la Kalsa, quella di oggi sarà la giornata dell’ultimo saluto, in cui svaniranno anche le ambiguità di chi, in politica, fece solo finta di sostenerla. Ieri la Camera ardente ha visto presenti tra gli altri anche l’ex presidente del Senato Pietro Grasso - «che abbracci Paolo e Agnese, Giovanni e Francesca ( Falcone, ndr) e dì loro che noi continueremo a cercare la verità» - e il presidente del Consiglio di Stato Alessandro Pajno: «Lascia un’eredità fatta di cultura antimafia, accoglienza e comprensione che sta diventando un patrimonio comune», ha voluto dire Pajno. I funerali sono fissati per questa mattina alle 11.30, presso la chiesa “Madonna della Provvidenza- Don Orione”. Ma già l’altro ieri, subito dopo che le agenzie av’evano dato notizia della scomparsa, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’aveva salutata così: «A lei mi legavano sentimenti di vera amicizia e di condivisione. Con coraggio e determinazione, ha raccolto l’insegnamento del fratello Paolo, diventando testimone autorevole e autentica dell’antimafia». Dei suoi figli, in queste ore, è Marta a parlare per tutti e a dire: «Il suo insegnamento più grande? Essere veri e coerenti. A qualsiasi costo. Non ha mai smesso di cercare la verità sulla strage di via D’Amelio. Diceva sempre: ‘ Non mi interessa chi è stato, ma voglio sapere perché’».