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Nuova inchiesta su Luca Palamara, ex consigliere del Csm, indagato a Perugia per istigazione alla corruzione. L'indagine parte dalle dichiarazioni di Piero Amara, ex avvocato esterno di Eni, "pentito" a credibilità alternata che aveva dichiarato l'esistenza di una loggia paramassonica la cui esistenza non è mai stata dimostrata. Ma alcune delle sue dichiarazioni, come chiarito dal procuratore di Perugia Raffaele Cantone, sono risultate parzialmente riscontrate, da qui lo stralcio di alcune posizioni per ulteriori indagini. Cantone, nella nota con la quale aveva annunciato la richiesta di archiviazione dell'indagine sulla presunta Loggia Ungheria, aveva stigmatizzato la discovery senza precedenti che ha caratterizzato l'inchiesta, con i verbali finiti su tutti i giornali e la possibilità di vederci chiaro sfumata assieme alla segretezza degli atti. Ma ora le cose sembrano non essere molto diverse: quegli atti, teoricamente segreti, si trovano già sui giornali, a partire dall'indagine su Palamara. Secondo quando riferito dal Corriere della Sera, Palamara avrebbe aiutato l'ex pm siracusano Maurizio Musco, amico di Amara e all'epoca imputato di abuso d'ufficio, poi condannato e allontanato dalla magistratura. Il dato «inquietante» e nuovo, secondo i pm di Perugia, sarebbe stato l'avvicinamento, da parte di Palamara, del giudice di Cassazione Stefano Mogini, ma senza successo, grazie alla «schiena dritta» del magistrato. Mogini avrebbe confermato la circostanza, raccontando dell'appuntamento fissato con l'allora consigliere del Csm alla vigilia del processo. Palamara gli disse che il processo meritava particolare attenzione e che uno dei principali imputati, Musco, era affetto da una grave malattia. «Io rimasi un po' stupito di questo riferimento e genericamente gli dissi che eravamo abituati ad essere particolarmente scrupolosi sempre». Il processo fu poi rinviato e Palamara comunicò a Mogini di averlo saputo dal presidente della Corte di Cassazione. L'ex zar delle nomine, dunque, «monitorava» il processo, secondo i pm perugini. Per chiedere l’interessamento di Palamara, secondo l'accusa, Amara aveva fatto organizzare al lobbista Fabrizio Centofanti una breve vacanza con mogli e fidanzate nello chalet al Sestriere dell’imprenditore piemontese Ezio Bigotti, a marzo 2015. Ma quando sull’aereo per Torino il magistrato si accorse della presenza di Amara, già noto per alcuni guai giudiziari, protestò con Centofanti che chiese all’avvocato di ritornare subito indietro. Tutto riscontrato, secondo la Procura, dai tabulati telefonici, biglietti aerei e voli. Amara ha raccontato ai pm perugini che per l'interessamento all'affaire Musco «Palamara fece capire che avrebbe gradito un regalo di un orologio d’oro del valore di 30.000 euro per la sua compagna. E io gli dissi “se tu ti comporti male con Maurizio io ti scanno». Dopo questa frase i pm hanno dovuto aprire il nuovo fascicolo a carico di Palamara, che già tre anni fa, all’inizio dell’indagine sfociata nel processo in corso, fu accusato da un altro magistrato di aver intascato 40.000 euro per una nomina al Csm, ma poi la stessa Procura accertò che non era vero. Ma l'interessamento di Palamara al caso dell'ex magistrato siracusano sarebbe dimostrato anche da una email ricevuta dal segretario generale della Corte nel febbraio 2017 con tutti gli aggiornamenti sul «procedimento Musco». Per la Procura di Perugia Amara «è un soggetto abilissimo nell’arte manipolatoria e di conseguenza estremamente “pericoloso”, soprattutto quando lo si intenda utilizzare come prova a carico di altri»; tuttavia gli «indiscutibili riscontri esterni» emersi, «dimostrano che non è affatto (quantomeno soltanto) un millantatore o Dopo la pubblicazione della notizia, non si è fatta attendere la reazione di Palamara. «Con riferimento alle notizie apparse oggi sui quotidiani Repubblica e corriere della sera (che non mi hanno assolutamente fatto andare storta la colazione nella magnifica cittadina di Modica dove ieri sera ho avuto il piacere di presentare il mio libro) ho inviato una nuova denuncia penale a Firenze segnalando alla procura generale della Cassazione la gravità della condotta degli inquirenti Perugini - ha sottolineato -. Le notizie pubblicate fanno riferimento a fatti e vicende che in alcun modo mi sono state contestate nel corso di un interrogatorio del 14 giugno 2022 proprio sulla vicenda Musco. Perché durante quell’interrogatorio - nel quale mi vennero contestate le fantasmagoriche accuse dell’avvocato Amara “ti darò 30.000 euro e ti scanno se non lo fai” in relazione alle quali pur non registrando l’interrogatorio in tono amichevole dissi al procuratore Cantone che a quel punto sarebbe stato più divertente contestarmi il tentato omicidio - la pubblica accusa non mi ha dato lettura delle dichiarazioni di Mogini? E perché invece le dichiarazioni di Mogini sono state riportate dai giornali di riferimento peraltro già denunciati a Firenze?». Quanto al merito e al presunto interessamento alla vicenda Musco, «si tratta di fatti già smentiti da una pur facile lettura della documentazione già a disposizione della procura di Perugia nell’ambito del procedimento 6652/18 rispetto alle quali le dichiarazioni dell’avvocato Amara in questa circostanza ricalcano esattamente quello che già avvenne con il giudice Tremolada: in quel caso dovevano servire a salvare il processo Eni oggi per salvare in qualche modo i processi intentati a mio danno. Ma la battaglia di verità continua e ancor di più il rinnovato impegno politico su un tema quello della giustizia che non può non trascendere le singole vicende personali riguardando la vita di tutti i cittadini oramai interessati a comprendere e andare oltre le vicende del Sistema».