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giustizia Nordio
«Il suicido presuppone un tale patrimonio di sofferenze che è quasi irriguardoso commentarlo. Ma un processo che duri dieci anni mette alla prova anche i caratteri più forti. L’aspetto giuridico invece è terrificante: come si fa a condannare una persona già assolta? La condanna presuppone prove al di là di ogni ragionevole dubbio, e qui un giudice aveva già dubitato. È il sistema che è fallito». Così l'ex magistrato Carlo Nordio commenta in un’intervista al Giornale la vicenda di Angelo Burzi, l’ex assessore regionale della Giunta piemontese che si è suicidato la notte di Natale dopo la recente condanna in appello per peculato. «È normale, e talvolta anche doveroso che un capo difenda l'operato del suo Ufficio - sottolinea Nordio dopo l'intervento del Pg di Torino - soprattutto se le critiche non sono state espresse negli atti giudiziari ma attraverso la stampa. Questo per quanto riguarda i Pm, che sono parti processuali come gli avvocati. Sono i giudici che devono sempre tacere. Certo avrei preferito che quel Pm avesse anche denunciato la demenzialità del nostro sistema, dove un imputato assolto può poi essere condannato, e il processo durare dieci anni». Per l’ex procuratore aggiunto di Venezia la stagione di Tangentopoli non «è mai finita», e dopo lo scandalo Palamara e le indagini che hanno coinvolto la procura di Milano, la magistratura si trova sempre più screditata e «inidonea» al suo compito. La soluzione? «Più che una pacificazione occorre che la politica, in quanto legittimata dal voto del popolo sovrano, si riappropri delle sue prerogative e la smetta di essere subalterna alle procure - osserva Nordio - Quanto al capo dello Stato, presiedendo il Csm ha il diritto, e il dovere, di vigilare affinché questo organo non esorbiti dalla sue prerogative ed operi con efficienza e tempestività nel pieno rispetto della legge». Riguardo alla riforma del Csm, secondo Nordio, «serve il sorteggio. È l’unico modo per rompere il legame tra elettori ed eletti, e la conseguente baratteria clientelare delle correnti, come è emerso dallo scandalo Palamara, e come peraltro tutti sapevano». Sul referendum per la giustizia, invece Nordio prevede: «Confido che passerà all’esame della Corte, magari con qualche aggiustamento perché alcuni quesiti sono tecnicamente discutibili. Ma quello che conta sarà il messaggio finale del popolo. Se la vittoria dei referendari fosse netta, significherebbe che gli italiani ne hanno abbastanza di questo sistema fallito e reclamano riforme profonde e radicali».