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ergastolo ostativo
Non sarà forse il primo atto, ma sarà di certo tra le priorità. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio conferma al Dubbio l’indiscrezione lanciata ieri dal Fatto Quotidiano: nell’agenda del governo Meloni c’è anche una rivisitazione del reato di abuso d’ufficio, se non, addirittura, la sua completa cancellazione. «La revisione o l’abolizione del reato di abuso, che paralizza l'amministrazione, è stata chiesta da anni da tutti i sindaci, e vedo con soddisfazione che anche il sindaco di Milano concorda su questa necessità - ha dichiarato il Guardasigilli -. In ogni caso, il problema sarebbe affrontato in un'accurata discussione parlamentare, con il supporto di statistiche tra indagini iniziate e condanne irrogate». Insomma, per raggiungere il risultato ci vorrà del tempo. Ma la scelta di agire per eliminare la famosa “paura della firma”, che paralizza gli amministratori locali e blocca l’economia, è comunque legata anche alla necessità di rispettare gli impegni presi con l’Europa e il programma tracciato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. «È una riforma che serve dal punto di vista economico, perché sblocca la macchina amministrativa», questa la frase carpita dal Fatto nella tarda serata di lunedì nella sala lettura della Camera. Ed è proprio alla Camera che giace già una proposta a prima firma della deputata forzista Cristina Rossello e co-firmata dal collega Pietro Pittalis, depositata il 19 ottobre scorso, che prevede l’abrogazione dell'articolo 323 del codice penale, complessivamente oggetto, nell’ultimo trentennio, di ben tre modifiche (con la legge 86/1990, la 234/1997 e da ultimo con il decreto legge 76/2020). L’ultima era stata anche oggetto di valutazione da parte della Corte costituzionale, che ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Catanzaro, secondo cui la modifica sarebbe stata in contrasto con l’articolo 77 della Costituzione, sia perché estranea alla materia disciplinata dalle altre disposizioni del Decreto semplificazioni, sia perché priva dei requisiti della straordinarietà e dell’urgenza propri del decreto legge. La riforma aveva ristretto la sfera applicativa dell’abuso d’ufficio, con lo scopo di contrastare la “burocrazia difensiva”. Per tale motivo, l’inciso “in violazione di norme di legge o regolamento” era stato sostituito con la nuova dicitura “in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità”. Secondo il giudice delle leggi, è stata «l’esigenza di far “ripartire” celermente il Paese dopo il prolungato blocco imposto per fronteggiare la pandemia che – nella valutazione del Governo (e del Parlamento in sede di conversione) – ha impresso ad essa i connotati della straordinarietà e dell’urgenza. Valutazione, questa, che non può considerarsi, comunque sia, manifestamente irragionevole o arbitraria». Insomma, a “benedire” un intervento d’urgenza è stata anche la Corte costituzionale, proprio per l’esigenza di far ripartire il Paese dopo la pandemia. Sul tema Nordio si era già espresso più volte, sostenendo la proposta dei sindaci di abolire l’articolo 323 del codice penale assieme a quello - più fumoso - di traffico di influenze, «che sono alla base della cosiddetta amministrazione difensiva». Un complesso di norme da cancellare, aveva dichiarato al nostro giornale a giugno dello scorso anno, «per ridare fiato alla pubblica amministrazione e, quindi, per un’utilità concreta, in vista anche di una ripresa economica del Paese». Già, perché la “paura della firma” «provoca la paralisi o il rallentamento della pubblica amministrazione per la paura che un domani si possa essere denunciati. I sindaci chiedono da anni questa revisione e se non avviene la pubblica amministrazione non riparte. E se non riparte la pubblica amministrazione - aveva spiegato - non riparte nemmeno l’economia. C’è un discorso concreto e urgente da fare, in vista anche dei soldi che l’Europa dovrà darci con il Recovery Fund». La proposta di Nordio ha subito incontrato il favore del sindaco di Milano Giuseppe Sala, che a margine della Giornata della Trasparenza 2022 ha ribadito come «tra i sindaci, vedo anche nella chat nella quale sono, c'è molta attenzione su questo tema perché siamo tutti un po’ impauriti». Proprio per tale motivo, «guarderemo con interesse a questa cosa. Non vogliamo sconti, andrebbe capito come va riformulato, ma così com'è sono d'accordo anche io che non funziona - ha concluso - . Non c'è un limite chiaro tra l'abuso e l'omissione in atti di ufficio, e questo ci rende difficile la vita». Nel salutare il capo di gabinetto uscente, Raffaele Piccirillo, Nordio ha delineato le altre priorità delle sue azioni. In primo luogo «rendere la giustizia più efficiente», in modo «che abbia un impatto favorevole sull’economia». E la scelta di affidare il posto che fu di Piccirillo ad Alberto Rizzo, presidente del Tribunale di Vicenza, rientra proprio in questa ottica: il magistrato fuori ruolo è stato infatti premiato «come il massimo organizzatore di un Tribunale di media entità, dove ha utilizzato le risorse in modo quasi miracoloso». Ma sarà necessario anche implementare gli organici «e colmare dei vuoti che fino ad adesso, per varie ragioni, sono stati perniciosamente sguarniti e quindi rendere la giustizia più efficiente». Efficienza non vuol dire, però, perdita delle garanzie. Così il percorso di Nordio verrà caratterizzato da due “pilastri”: presunzione di innocenza e certezza dell’esecuzione della pena. Che però «non coincide necessariamente con il carcere. L’esecuzione della pena - ha spiegato il ministro -, che deve essere certa, deve essere proporzionata, deve essere soprattutto equa» e «orientata alla rieducazione del condannato». Un concetto, quest’ultimo, non totalmente condiviso dalla proposta di legge a prima firma Edmondo Cirielli (FdI), che invoca una riforma dell’articolo 27 della Costituzione per «limitare la finalità rieducativa» e «salvaguardare e garantire il concetto di “certezza della pena”». Nordio assicura però la volontà di riorganizzare il sistema carcerario, «che a me sta molto a cuore». Il che «non significa essere buonisti - ha concluso -, significa applicare la Costituzione».