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È tornato in libertà l’avvocato Carlo Maria Romeo, condannato a 4 anni e mezzo per favoreggiamento, spaccio e tentata estorsione nell’ambito del processo “Geenna”, che ha scoperchiato una presunta cellula ‘ndranghetista operante in Valle d’Aosta. A Romeo, in custodia cautelare da gennaio 2019, dopo 18 mesi in carcere erano stati concessi i domiciliari a luglio 2020, una volta stabilito in Tribunale che l’ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa era insussistente. E oggi la Corte d’appello di Torino ha accolto l’istanza presentata dall’avvocato Oreste Romeo, fratello del penalista torinese di origini calabresi, che il 23 febbraio scorso ha anche depositato il ricorso in Cassazione contro la condanna incassata in appello a luglio dello scorso anno. Nell’istanza di scarcerazione, il legale ha evidenziato non solo la sentenza di assoluzione, già in primo grado, dall’accusa di concorso esterno, ma anche l’insussistenza dell’aggravante mafiosa contestata originariamente rispetto alle altre accuse, rispetto alla quale la sentenza è ormai definitiva. «Pertanto - ha affermato Oreste Romeo -, la misura cautelare in atto è determinata, in forma semplice», da un episodio di concorso in spaccio risalente a sei anni fa e «da un altrettanto isolato episodio di concorso in tentata estorsione della primavera di undici anni fa». Reati non ostativi e comunque risalenti nel tempo, ai quali Romeo oppone il percorso intrapreso dal fratello sin dall’inizio della custodia cautelare, durante la quale ha assunto un comportamento «ineccepibile a fronte della assoluta mancanza di segnalazioni di segno contrario, che pone l'imputato nella condizione di potere accedere, nella malaugurata ipotesi di definitività della sentenza di condanna, alla liberazione anticipata e, dunque, alla (avvenuta) espiazione di tutta la pena comminata per i due reati in relazione ai quali, allo stato, permane la cautela personale». L’assenza di segnalazioni contrarie riguardo al comportamento di Romeo nel periodo di custodia cautelare, «legittima l'imputato, ove necessario, ad accedere al beneficio della liberazione anticipata (in data 22 marzo 2022 maturerà in ragione di 270 giorni, pari a 9 mesi) con conseguente superamento della data del 22 settembre 2022 indicata come data in cui la misura cautelare perderà efficacia - ha aggiunto il legale -, pertanto, l'eventuale protrazione della custodia domiciliare si verrebbe a configurare come una progressiva assimilazione all'espiazione della pena che finirebbe per eludere il principio costituzionale del finalismo rieducativo della pena» e diventare «lo strumento per un'inammissibile anticipazione dell'espiazione della pena».