Nella Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (Rems) pugliese di Carovigno c’era un malato terminale, con tanto di piaghe da decubito e non più socialmente pericoloso. Lo stesso direttore della struttura aveva dichiarato che era incompatibile, visto che non hanno gli strumenti per assisterlo «negli ultimi giorni della sua vita». Parliamo nel passato perché ieri l’uomo è deceduto. Muore senza essere stato assistito adeguatamente visto che una Rems – seppur virtuosa come quella pugliese - non è una struttura per curare le persone con gravi patologie fisiche, ma esclusivamente quelle con disagi psichici. Una vicenda tragica e indicibile dove, ancora una volta, la giustizia considera le persone come numeri di protocollo. Una giustizia che assomiglia sempre di più ad una sorta di burocrazia del male. Il 10 dicembre l'udienza per il riesame, rinviata al 21 gennaio e poi anticipata al 7 Visto la situazione dell’uomo, il 10 dicembre scorso si è celebrata l'udienza per il riesame della pericolosità sociale, ed in tale occasione l’avvocato Conte ha rappresentato la grave situazione di salute del detenuto, di cui comunque il Giudice era stato informato dalla Rems, e il venir meno di qualsivoglia indice di pericolosità sociale. Quindi l’uomo andava subito trasferito in una struttura idonea non solo perché incompatibile per motivi di salute, ma anche per il fatto che la misura di sicurezza non aveva alcun senso visto il suo non essere più socialmente pericoloso. Nonostante ciò non è stata revocata la misura, limitandosi il Tribunale a rinviare l'udienza al 21 gennaio e chiedendo un aggiornamento alla Rems e interessando il Centro di salute mentale di Maglie (LE) per l'individuazione della struttura dove ricoverare la persona. Ma è troppo tempo. Come può rimanere l’uomo, gravemente malato, in una struttura non adatta per poterlo assistere? Si stava palesando, come l’avvocato ha denunciato a Il Dubbio, un evidente trattamento disumano e degradante.Il 18 dicembre scorso, è giunta all’avvocato una ulteriore relazione della Rems, con la quale, sentito il parere del responsabile del centro di salute mentale, si indica la necessità di un «trasferimento urgente del paziente in ambiente idoneo alle sue attuali gravi condizioni di salute». Con la stessa relazione veniva, come detto, esclusa la pericolosità sociale. A quel punto è stata anticipata l’udienza al 7 gennaio. Ma è sempre troppo tempo. Lo stato di salute risultava assolutamente precario, infatti dalla descrizione clinica, si legge: «disorientato, afasico, allettato, incontinente, si alimenta con fatica, iniziano le piaghe da decubito», nella stessa relazione scrivono nero su bianco di «ultimi giorni della sua vita». Visto la drammaticità della situazione, l’avvocato ha chiesto con la massima urgenza di anticipare ulteriormente il riesame della pericolosità sociale, ma soprattutto di disporre d’ufficio il trasferimento dell’uomo in una struttura adeguata alle sue gravissime condizioni di salute. Questo il 21 dicembre, ma nulla da fare: nonostante ciò è rimasto in condizioni palesemente disumane nella Rems. Alla fine ieri si è tragicamente realizzato il pericolo prospettato dalla relazione della struttura stessa: è morto senza adeguate cure farmacologiche e assistenza continua.