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«Un magistrato non protagonista e non burocrate», esordisce così, ricordando il titolo dell’ultimo congresso nazionale di Unicost, il giudice del Tribunale di Reggio Emilia Gianluigi Morlini, candidato del gruppo centrista alle elezioni per il rinnovo del Consiglio superiore della magistratura.
Giudice Morlini, equilibrio e misura sono dunque le caratteristiche fondamentali delle toga di Unicost?
Io sono fermamente convito che il magistrato debba evitare ogni forma di protagonismo e la ricerca spinta della notorietà. Il suo operato deve essere lontano dalla spettacolarizzazione e dall’apparire. Nel contempo, però, bisogna scongiurare il rischio che il magistrato sia mosso da convenienza personale, scadendo in un atteggiamento meramente burocratico.
Unicost è in definitiva la corrente “di centro” delle toghe. Ha senso nel 2018 parlare di correnti di centro, di destra o di sinistra?
Credo che questa lettura sia ormai superata.
Questo Consiglio superiore è stato accusato, in particolare dal presidente Piercamillo Davigo, a sua volta candidato al Csm, e da “Autonomia & Indipendenza”, la corrente da lui fondata, di non aver saputo tutelare abbastanza i magistrati e di averli premiati in base a logiche correntizie. Condivide?
Guardi, c’è una battuta ricorrente secondo cui ogni Consiglio uscente è peggiore di quello che lo ha preceduto e migliore di quello che verrà. Degli errori sono stati fatti. L’attenzione si è focalizzata soprattutto sul tema degli incarichi. Ricordo che l’abbassamento dell’età pensionabile ha costretto ad oltre mille nomine. Un numero senza prece- denti. Ciò considerato, alcune di esse possono non essere state capite. Ma da qui a dire che sia stato il Consiglio peggiore ce ne corre.
E a propositoi delle nomine cosa risponde alle critiche dei davighiani?
Premesso che il Testo unico sulla dirigenza entrato in vigore in questa consiliatura ha modificato i parametri per l’assegnazione degli incarichi direttivi, a partire proprio dal superamento del criterio dell’anzianità di servizio, smentisco il mito secondo cui il gruppo di “A& I” avrebbe operato contro tutto e tutti. Una quota rilevantissima di nomine è stata fatta all’unanimità. Una quota rilevante ha visto il consigliere Aldo Morgigni di “A& I” ( unico rappresentante dei “davighiani” al Csm, ndr) schierarsi o con una o con l’altra proposta. Solo in pochi casi il predetto consigliere si è astenuto o non ha partecipato al voto. Non vedo, dunque, alcuna contrapposizione fra questo gruppo e gli altri.
L’anzianità di servizio è un criterio archiviato per sempre?
Un suo ritorno sarebbe illegittimo. Bisognerebbe modificare la legge. L’anzianità può servire per valorizzare singoli dati di merito. Sono finiti i tempi in cui la dirigenza era un premio alla carriera.
Ci sono alcuni magistrati che hanno deciso di boicottare le elezioni non partecipando al voto in segno di protesta. Una decisione che non ha precedenti.
Il magistrato ha facoltà di astenersi dal voto. Ciò è perfettamente legittimo. Comunque l’astensione è un problema. Il Csm deve ricreate le condizioni di credibilità all’interno della magistratura, capirne i problemi e risolverli. Certamente è una valutazione che non condivido: non votando si lascia fare ad altri.
Viene stigmatizzato il numero molto basso di candidati.
Per i requirenti ci sono tanti candidati quanti sono i posti disponibili. Non è entusiasmante. La limitatezza di candidati si spiega però in maniera oggettiva. Fare il candidato è un impegno forte. Ad esempio bisogna utilizzare i propri giorni di ferie per fare campagna elettorale. Ci vuole una grande motivazione.
Il Csm, tramite la Commissione Canzio, sta per approvare la circolare sull’informazione giudiziaria. Cosa ne pensa lei che, oltre ad essere magistrato, è anche giornalista?
Ci sono valori contrapposti: il diritto ad essere informati ed il diritto alla riservatezza. Diritti potenzialmente in contrasto fra loro. È necessario un bilanciamento che ciascun magistrato deve fare quotidianamente. In particolar modo nella materia penalistica.
Pensa che i rapporti fra Csm e Cnf continueranno anche nella prossima consiliatura e si darà dunque ulteriore seguito al protocollo d’intesa del 2016?
Questo è un tema molto sentito e che mi vede favorevole. I protocolli sono utili quando riguardano buone prassi e modulistica da diffondere. Non sono accettabili quando interferiscono nell’attività interpretativa del magistrato. Non è possibile normare ogni respiro dei magistrati.
Può dirci gli obiettivi del prossimo Csm?
Recuperare credibilità, tornare a fare politica giudiziaria quotidiana, occuparsi quindi di tramutamenti, organici, disciplinare, ultradecennalità: gli ultimi Consigli sono stati dominati dalle nomine e dalle valutazioni di professionalità. Bisogna ricreare poi le condizioni per evitare le fughe dalla giurisdizione. Girando per gli uffici ho visto molti magistrati stanchi per non essere in grado di dare una risposta adeguata alla domanda di giustizia.
E sulle nomine?
Il prossimo consiglio farà circa 150 nomine. Le conferme quadriennali saranno invece un migliaio. Non ci saranno quindi scuse sulle attività per la scelta degli incarichi, che potrà essere condotta al meglio. Così come sulle conferme bisognerà essere molto attenti e non limitarsi ad un tratto di penna.