Archiviazione per l'imputato Gianni Alemanno. È questa la richiesta avanzata al gip dalla Procura di Roma, in relazione al reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, nell'ambito dell'indagine su Mafia Capitale. Una richiesta che «rimuove un macigno che mi ha gravato addosso per due anni», ha commentato l'ex sindaco di Roma, che deve ancora difendesi dall'accusa di corruzione e finanziamento illecito. Rimane in piedi infatti l'ipotesi della Procura, secondo la quale Alemanno, tra il 2012 e il 2014, avrebbe «venduto la propria funzione» e compiuto atti contrari ai doveri del suo ufficio di Primo cittadini, ricevendo in cambio denaro e finanziamenti elettorali dall'allora "ras" delle cooperative, Salvatore Buzzi: 75mila euro per cene elettorali, 40mila a titolo di finanziamenti alla fondazione Nuova Italia di cui era presidente e somme in contanti non inferiori a 10mila euro (che si sono valsi l'accusa di finanziamento illecito, perchè la somma sarebbe stata pagata in contati, senza l'iscrizione a bilancio dell'erogazione).La notizia della richiesta di archiviazione è stata data dal procuratore aggiunto Paolo Ielo nel corso di un'altro procedimento, in cui l'ex sindaco è stato chiamato a deporre come testimone nel processo per corruzione a Marco Milanese, già collaboratore dell'allora ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. L'ex primo cittadino, prendendo atto del nuovo sviluppo, si avvalso della facoltà di non rispondere in quanto indagato in un procedimento connesso: «Fino a quando il gip non deciderà su questa richiesta di archiviazione - ha spiegato, lasciando il palazzo di giustizia - non parlerò, perchè questo non è il mio processo».La prossima udienza del maxiprocesso Mafia Capitale si terrà il 7 novembre, ma la caduta dell'imputazione più grave - quella del famigerato 416bis - assesta un altro duro colpo all'impianto accusatorio, che aveva rinvenuto nelle pratiche romane di assegnazione degli appalti pubblici una struttura per delinquere assimilabie a quella di Cosa Nostra. Ancora più sigificativo, che la richiesta al gip sia stata presentata dalla stessa Procura, con quella che Alemanno ha definito «grande onestà intellettuale». Un'altra crepa, dopo dopo la prima aperta nei giorni scorsi dal presidente dell'anticorruzione, Raffaele Cantone: chiamato a testimoniare dalla difesa di Salvatore Buzzi, ha chiarito che Anac non ha mai segnalato alla Procura di Roma ipotesi di associazione per delinquere di stampo mafioso, nonostante l'autorità abbia indagato già a partire dal 2011 e prodotto una relazione proprio in merito alle procedure di assegnazione degli appalti pubblici al Comune Capitolino. Anche secondo Cantone, infatti, «il 90% degli appalti di Roma veniva affidato con procedure meno sicure e garantite (procedure negoziate ndr) », ma l'Anac non ha ravvisato casi di 416 bis.Un teorema accusatorio - quello costruito sulla gestione mafiosa del «mondo di mezzo» nella Capitale - che sembra traballare per espressa ammissione della stessa Procura, almeno in considerazione della richiesta di archiviazione per Gianni Alemanno. Tuttavia, l'ultima parola spetta al giudice per le indagini preliminari, che potrebbe anche ritenere la posizione dell'ex Primo Cittadino non del tutto estranea al reato, che continua ad essere contestato agli altri imputati. E «Il macigno» ripiomberebbe sulle spalle di Alemanno, rinvigorendo la tesi accusatoria di una associazione di tipo mafioso, con le mani allungate sulla Capitale grazie a una fitta rete corruttiva intessuta a tutti i livelli. Con eminenze grige annidate nel «mondo di mezzo» ed esecutori solerti alla luce del sole.