“Ideona Cartabia: mettere fuori un condannato su 3”, è il titolo de
Il Fatto Quotidiano sparato in prima pagina per creare appositamente la solita indignazione ogni qual volta un governo tenta di fare passi in avanti sul carcere per rendere il nostro Paese più vicino possibile ai principi della nostra Costituzione.
Il problema è che sembra una novità, mentre invece tale proposta – ovvero l’estensione delle misure alternative per chi è condannato a pene di 4 anni – è già contemplata nel d.d.l. AS 2353, intitolato “Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”.
Non è vero che la misura sarebbe una novità
Quindi non è vero che
la misura citata durante il question time dalla ministra sarebbe una novità, tanto che – così rivela
Il Fatto – ad alcuni deputati di diversi partiti della maggioranza non è piaciuto, perché non avrebbero la più pallida idea di cosa ci sia nei testi in via di definizione. Ma quindi alcuni deputati, soprattutto i grillini, non sarebbero stati informati del lavoro dei 6 gruppi di lavoro che si stanno occupando dei testi dei decreti legislativi? Appare molto difficile visto che non è un segreto di Stato essendo reso pubblico il lavoro. Se fosse come dice
Il Fatto, i deputati in questione apparirebbero come persone incompetenti e che non sanno nemmeno cosa accade in Parlamento. Vogliamo sperare che non sia così, altrimenti dobbiamo immaginare che il livello dell’attuale classe politica sia così basso, tanto da decidere in base alle varie fake news che alcuni giornali riportano.
Lo stanziamento dei fondi per le casette dell’amore in carcere era fake news
Un fatto analogo c’è appena stato: l’aver creduto che il governo abbia stanziato
fondi per le casette dell’amore in carcere. Alcuni parlamentari non si erano accorti che non c’è stato nulla di tutto questo, anche perché la proposta di legge sull’affettività in carcere ancora è nel cassetto della commissione Giustizia.Ma ritorniamo all’estensione delle misure alternative. Il ridimensionamento del ruolo della pena detentiva è un obiettivo perseguito già dalla
Commissione Lattanzi, istituita a marzo 2021 con il compito, fra l’altro, di “elaborare proposte di riforma in materia… di sistema sanzionatorio penale”. Un compito che la Commissione ha soddisfatto attraverso proposte che riguardano largamente le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi. Ciò è approdato nella Riforma Cartabia, votata poi dalla maggioranza. Quindi dagli stessi parlamentari che oggi, secondo
Il Fatto, si lamenterebbero.
Semilibertà e detenzione domiciliare nella gamma delle sanzioni sostitutive
Nella Riforma Cartabia, la fascia più alta nella gamma delle sanzioni sostitutive è occupata dalla semilibertà e dalla detenzione domiciliare: c’è un articolo che delega infatti il governo a prevedere che il giudice, nel pronunciare la sentenza di condanna o la sentenza di patteggiamento, «quando ritenga di dover determinare la durata della pena detentiva entro il limite di quattro anni, possa sostituire tale pena con quelle della semilibertà o della detenzione domiciliare». Le nuove pene sostitutive – come prevede la legge delega - saranno assoggettate alla disciplina sostanziale e processuale, in quanto compatibile, prevista dalla legge sull’ordinamento penitenziario per le omonime misure alternative alla detenzione.
La ministra Cartabia ha ribadito: «La certezza della pena non è la certezza del carcere»
Quindi nulla di nuovo. La guardasigilli ha ricordato, rispondendo a una interrogazione parlamentare posta da alcuni deputati di Italia Viva, quello che già era prefissato e approvato in Parlamento. Tutto ciò, d’altronde, va proprio in direzione di quello che la ministra Cartabia stessa annunciò in commissione Giustizia: «Penso sia opportuna una seria riflessione sul sistema sanzionatorio che ci orienti verso il superamento dell’idea del carcere come unica effettiva risposta al reato. La certezza della pena non è la certezza del carcere». E aggiunse che la detenzione in carcere «per gli effetti desocializzanti che comporta, deve essere invocata come extrema ratio. Occorre valorizzare piuttosto le alternative al carcere». Stigmatizzare in prima pagina tale obiettivo, non è informazione, ma perseguimento di un ideale perfino peggiore del codice fascista Rocco. Però il tempo passa e si rischia di non riuscire ad approvare i decreti attuativi, ed è quello che l’articolo de
Il Fatto Quotidiano auspica.