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Gentile ministra delle Giustizia, Marta Cartabia, Gentile Magistrato di Sorveglianza Dr. Marco Patarnello, torno a scriverle perché mia madre è risultata positiva al Covid e sono ormai 15 giorni che è trattenuta in una cella di isolamento senza potersi fare una doccia né guardare il cielo. Mia madre nonostante i suoi 65 anni è una donna forte di spirito, ma l’isolamento è una misura in grado di fiaccare anche gli animi più vigorosi. Ieri mi ha raccontato che dopo 2 settimane in isolamento è risultata nuovamente positiva al tampone: questo nei termini di chi a Rebibbia sta gestendo la pandemia - un evento a cui la struttura carceraria non è preparata - significa un ulteriore periodo di isolamento. Senza acqua, senza affetti, senza aria. Ma come si può destinare un essere umano ad una tortura del genere? Dove è finita l’umanità che dovrebbe contraddistinguere la pena? Così facendo le istituzioni non si macchiano di una colpa peggiore di quella di cui chiedono conto al condannato? Circostanze speciali richiedono provvedimenti speciali, che purtroppo tardano ad arrivare. In questo momento io ripongo in lei tutta la mia fiducia. Lo scorso 26 febbraio abbiamo fatto istanza per chiedere la scarcerazione e l’applicazione provvisoria dell’affidamento in prova. Da quel giorno attendiamo fiduciosi di riabbracciarla. Purtroppo il Covid rende angosciante l’attesa e fa del carcere un luogo ancora più duro, minando anche la risorsa della socialità con cui si consolano le persone detenute e trasforma la reclusione in un interminabile periodo di isolamento in deroga a qualunque principio di umanità. Mia madre non è una persona socialmente pericolosa, i fatti per cui si trova in carcere risalgono a 10 anni fa e afferiscono alla sfera di quella che era la sua attività lavorativa. A causa di quei fatti ha subito un licenziamento, è stata screditata socialmente e dopo quasi 30 anni alle dipendenze delle Stato non ha maturato il diritto alla pensione. Oggi, a causa di un ricorso tardivo proposto erroneamente dal suo avvocato contro una sentenza di primo grado, è in carcere da oltre due mesi, di cui uno, a causa del Covid, passato in isolamento, dove dovrà restare fin quando il tampone non tornerà negativo. Quanto mi chiedo e cosa dovremmo attendere perché l’umano nell’uomo possa finalmente trionfare e mettere un punto a questa notte dei diritti? Mia madre è una madre e una nonna e ha tanto amore da dare. Io e la mia famiglia attendiamo ogni giorno il suo ritorno. Grazie per l’attenzione, Rossella Anitori, la figlia di Giuseppina Cianfoni, una persona attualmente detenuta a Rebibbia.