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Non costruiscono nuove carceri, ma ampliano la capienza attraverso la realizzazione di nuovi padiglioni. In sostanza, il programma della ministra della Giustizia Marta Cartabia, dal punto di vista dell’edilizia penitenziaria, è in continuità con quello del guardasigilli precedente.
Ampliare la capacità del sistema penitenziario è, di fatto, una vecchia opzione e rischia di amplificare alcune criticità in mancanza di una ampia progettualità. Quali? Ci viene in aiuto Stefano Anastasìa, il garante delle persone private della libertà dell’Umbria e del Lazio. Come abbiamo visto, tra le carceri dove si ampliano i padiglioni, c’è quello di Perugia. Un progetto, ribadiamo, che appartiene all’ex ministro Alfonso Bonafede.
Il garante Anastasìa, in una lettera indirizzata all’ex guardasigilli aveva evidenziato il problema dell’ampliamento della capacità detentiva della Casa circondariale di Perugia del 60%, attraverso la realizzazione di due padiglioni contenenti 120 posti detentivi ciascuno. In questo modo la capacità detentiva dell’Istituto passerebbe dagli attuali 363 posti regolamentari a 603.
Ebbene, secondo il garante Anastasìa, è discutibile la scelta «di sovraccaricare ulteriormente la regione Umbria di una capacità penitenziaria che non corrisponde alle necessità del suo bacino territoriale, dei propri servizi giudiziari e di polizia, nonché dei propri cittadini e delle sue istituzioni». Il problema è che il carcere di Perugia è diventato un contenitore di diversi detenuti che provengono da altre carceri, di alte regioni, e trasferiti perché problematici.
Parliamo di profili problematici perché raggiunti da provvedimenti disciplinari o con problemi di salute mentale. Un problema, in realtà, che riguarda anche altre carceri. Uno è problematico? Viene trasferito in un altro carcere. Si ricrea il problema, lo si rimanda altrove. È il fenomeno della “girandola dei detenuti”, e il carcere di Perugia è uno dei contenitori. Allargare i padiglioni, senza risolvere questa problematica generale, vuol dire aggravare la situazione e incoraggiare nuovi trasferimenti.
«Questa politica di trasferimento nelle sedi provveditoriali periferiche dei detenuti che nelle sedi di precedente assegnazione abbiano dato problemi di gestione è purtroppo molto diffusa a seguito degli accorpamenti dei provveditorati che prima erano regionali», spiega il garante Anastasìa. In sostanza, progettare un ulteriore ampliamento della capacità detentiva dell’Istituto di Perugia, fin quasi a raddoppiarlo, significa – secondo il garante regionale – «prefigurare nuovi ingenti trasferimenti di detenuti dalla Toscana o da altre regioni limitrofe di detenuti che pure avrebbero diritto a essere assegnati a un Istituto del territorio di domicilio, e che invece verranno allontanati dai luoghi di stabile dimora familiare e di futuro reinserimento sociale sulla base dei soliti criteri di indesiderabilità che causeranno nuove e più ampie condizioni di criticità, cui si aggiungerà quella della insufficienza delle risorse umane che vi potranno essere dedicate».
I fondi per l’edilizia penitenziaria dovrebbero essere, invece, indirizzati nella messa in sicurezza di tutti gli istituti penitenziari che presentano situazioni non a norma. A partire dai servizi igienici, le docce che dovrebbero essere individuali ( ricordiamo la pandemia e il contagio diffuso anche per questo motivo), il rifacimento delle cucine e via discorrendo fino ad arrivare anche ai piccoli dettagli, ma non insignificanti.
Pensiamo al discorso dell’utilizzo delle bombole a gas per cuocere il cibo. Giorni fa, al carcere di Terni, tre detenuti hanno utilizzato le bombolette per cucinare insieme. Sono scoppiate e li hanno tutte e tre gravemente ustionati. Uno di loro, 34 enne, è gravissimo. Portato all’ospedale romano Santo Eugenio, è finito in terapia intensiva. Salvato in extremis, i medici lo hanno sottoposto ad un intervento chirurgico per tentare di ricostruire quanto resta delle mani. Una tragedia gravissima.
Sempre il garante Anastasìa ha ricordato che più volte ha consigliato di sostituire le bombolette con un fornelletto elettrico, magari in induzione. Ma vale per tutte le carceri, in maniera tale di mettere in sicurezza i detenuti che hanno la necessità- anzi il diritto – di poter cucinare. I soldi per l’edilizia penitenziaria sono importanti, ma andrebbero indirizzati per rendere più moderne e sicure le carceri esistenti.