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Ci sono due modi per occuparsi di edilizia giudiziaria. Nel contratto Lega– cinquestelle si punta a erigere nuove carceri, monumento alla riforma penitenziaria caduta. Secondo i penalisti, invece, si dovrebbe tirar su innanzitutto qualche tribunale. «O evitare che quelli esistenti crollino», è l’amara chiosa del presidente della Camera penale di Bari, Gaetano Sassanelli. Da una parte l’intimidazione giustizialista sotto forma di nuove prigioni, dall’altra un Palazzo di giustizia come quello del capoluogo barese, trasferito sotto i tendoni della vergogna. Sullo sfondo, due visioni destinate a entrare in conflitto. E quella dell’avvocatura penalistica è ora alla base della clamorosa iniziativa annunciata ieri proprio a Bari: tre giorni di astensione dalle udienze, proclamati dall’Unione Camere penali per il 25, 26 e 27 giugno. Obiettivo: «Rimediare a una situazione di negata giustizia per i cittadini», come dice il presidente dell’Ucpi Beniamino Migliucci, intervenuto ieri nel capoluogo pugliese. «Si vogliono costruire nuove carceri e invece bisognerebbe investire per rendere dignitosi i luoghi in cui si restituisce giustizia», osserva appunto il vertice delle Camere penali. Che decide per lo “sciopero” nel corso dell’assemblea straordinaria, celebrata ieri mattina con i pena- listi baresi sotto la famigerata tendopoli. Ai tre giorni senza processi aderisce anche l’Organismo congressuale forense, rappresentato nella riunione dal coordinatore Antonio Rosa e dal segretario Giovanni Malinconico.
È l’eco della dichiarazione fatta dal presidente del Cnf Andrea Mascherin martedì scorso, in occasione della sua visita al “tribunale da campo”: «Siamo tutti avvocati di Bari». Così sarà appunto nella tre giorni di astensione proclamata dall’Ucpi: vi aderiranno infatti i penalisti di tutta Italia, le cui rappresentanze convergeranno nel capoluogo pugliese nel secondo dei tre giorni, martedì 26 giugno, per una grande manifestazione nazionale. Dalla città del “tribunale da campo” saranno ribaditi i due punti fermi condivisi ieri: la necessità di puntellare una già pericolante situazione edilizia per gli uffici giudiziari italiani, e il no all’esodo forzato della giustizia barese nei due immobili individuati al momento dal ministero della Giustizia, uno in via Brigata Regina e l’altro a Modugno. Trasloco già ribattezzato “spezzatino” e che nelle ultime ore viene proposto come ineluttabile. Lo comprende il presidente dell’Ordine degli avvocati di Bari Giovanni Stefanì, presente ieri mattina al tavolo della Conferenza permanente riunito presso la Corte d’appello: i rappresentanti del governo fanno presente che non c’è spazio per subordinate, si tratta di definire le modalità del trasporto dal palazzo inagibile di via Nazariantz a quello dell’ex sede distaccata di Modugno. Nel frattempo, un po’ di fascicoli finiranno nei container. «Non è uno strappo con i magistrati, con i quali stiamo condividendo questa battaglia», nota Stefanì, «ma con il ministero: ci opponiamo alla ulteriore frammentazione della giustizia penale». È proprio l’accelerazione di via Arenula a dare ai penalisti l’ultima spinta verso l’astensione. «Sarebbe impossibile, per noi avvocati, essere presenti in più uffici nello stesso giorno, come si è riuscito a fare bene o male finora, visto che ce ne sarà addirittura uno in provincia», aggiunge il presidente della Camera penale Sassanelli. «Si finirebbe in una raffica di rinvii, esattamente come avviene in questi giorni nelle udienze celebrate sotto i tendoni».
Il coordinatore dell’Ocf, Rosa, parla in assemblea di «vergogna nazionale», di «condizioni drammatiche e inaccettabili» in cui «colleghi, magistrati e personale amministrativo sono costretti a lavorare in questi giorni». Fa quindi propria la richiesta dei penalisti baresi: «Serve una sede unica». Al ministero preferiscono «liberarsi del problema anziché risolverlo», è la conclusione ripetuta a più voci ieri nell’assemblea. Già oggi seguirà un sit– in indetto dalla Camera penale davanti alla prefettura. Dalla tendopoli a un muro contro muro che di ora in ora sembra farsi inevitabile.