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Lo spirito della riforma dell’ordinamento penitenziario, che è ad un passo dall’attuazione, si può sintetizzare così: meno carcere e più pene alternative. Il 22 dicembre scorso, in extremis, il Consiglio dei ministri ha infatti approvato, in esame preliminare, i decreti attuativi: ora le commissioni Giustizia di Camera e Senato hanno a disposizione, anche nel caso di scioglimento del Parlamento, quarantacinque giorni per esprimere un parere sulla conformità dei decreti alla legge delega. Solo a quel punto l’ordinamento penitenziario del 1975 sarà finalmente aggiornato mettendo in atto altre concezioni più avanzate, per dare un senso all’esecuzione penale che ha come faro il principio dell’articolo 27 della Costituzione italiana.
SERVE SOLO IL PARERE DELLE COMMISSIONI DI CAMERA E SENATO SUI DECRETI ATTUATIVI
Soprattutto nella parte dell’articolo 27 che recita: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Un principio, quest’ultimo, che non ha ancora trovato piena applicazione, come dimostrano le sentenze della Corte Europea e le bacchettate da parte di diversi organismi internazionali come l’Onu.
I PRINCIPI ISPIRATI DAGLI STATI GENERALI
Ancora non si conoscono nel dettaglio i contenuti dei decreti, ma sappiamo che si sono ispirati ai lavori degli Stati generali sull’esecuzione della pena – istituiti dal ministro della Giustizia Andrea Orlando – che si erano conclusi a maggio del 2016. Furono diciotto i tavoli ed erano composti da operatori penitenziari, giuristi, componenti dell’associazione come Antigone e anche personalità politiche come Rita Bernardini, della presidenza del Partito Radicale. Il lavoro degli Stati generali ha fornito indicazioni preziose per l’attuazione della delega in materia penitenziaria, ma, soprattutto, configura una grande operazione culturale volta a superare un sistema ancora carcero- centrico, che identifica troppo sbrigativamente la sanzione penale con la reclusione in carcere. I lavori dei 18 tavoli hanno caratterizzato una nuova e inedita attenzione agli spazi architettonici, ai luoghi e tempi ( verso una detenzione meno “carceraria), all’affettività e alla sessualità in carcere, alle vulnerabilità sociali dietro le sbarre ( minori, donne, tossicodipendenti), al disagio psichico e alle sue conseguenze sul trattamento, ai sistemi di contenimento della pericolosità sociale dei soggetti non imputabili ( pensiamo alle Rems), alla valorizzazione degli elementi del trattamento ( tipo l’istruzione, la cultura, lo sport) e, infine, al lavoro carcerario. Non è stata esclusa nemmeno un’attenzione particolare alla pena perpetua ( in particolare l’ergastolo ostativo), nel senso di una sua progressiva “umanizzazione”, come anche una riconsiderazione delle finalità e dei presupposti dei regimi “differenziati” ( il 41 bis e circuito “alta sicurezza”) e del sistema delle preclusioni ( art. 4 bis) per dare nuovo slancio e contenuto alla “discrezionalità” delle decisioni della magistratura di sorveglianza sui percorsi rieducativi del singolo. Probabilmente, gli ultimi punti riguardanti i reati ostativi, – forse anche per l’opposizione del Movimento Cinque Stelle - non sono stati presi in considerazione dai decreti attuativi della riforma.
I CRITERI DIRETTIVI DEI DECRETI APPROVATI
In attesa di conoscere i testi approvati, un primo obiettivo che traspare dalla lettura dei criteri direttivi è quello dell’ampliamento dell’ambito di operatività delle misure alternative alla detenzione, anche attraverso la semplificazione delle procedure di accesso. In sintesi, ci sarà l’allargamento della popolazione carceraria che potrà ottenere i benefici di legge, come la “messa alla prova” e il lavoro esterno, o altre forme di espiazione della pena come la cosiddetta “giustizia riparativa”. Tutte misure che favoriscono l’abbattimento della recidiva.
In altri termini si sono, in concreto, poste le basi per semplificare le procedure davanti al magistrato di sorveglianza, facilitare il ricorso alle misure alternative, eliminare automatismi e preclusioni all’accesso ai benefici penitenziari, incentivare la giustizia riparativa, incrementare il lavoro intramurario ed esterno, valorizzando il volontariato, riconoscere il diritto all’affettività e gli altri diritti di rilevanza costituzionale ed assicurare effettività alla funzione rieducativa della pena. Da dette procedure restano esclusi – come già detto - i condannati all’ergastolo per mafia e terrorismo e i casi di eccezionale gravità e pericolosità. A questo si aggiunge la valorizzazione al mantenimento delle relazioni familiari anche attraverso l’utilizzo di collegamenti via Skype, al riordino della medicina penitenziaria, all’agevolazione dell’integrazione dei detenuti stranieri, alla tutela delle donne e, nello specifico, delle detenute madri, al rafforzamento della libertà di culto. Va però sottolineato che Il diritto alla sessualità sembra per ora impraticabile per via delle strutture inesistenti e non basterebbero i soldi previsti dalla legge di bilancio.
L’IMPEGNO DELLE COMMISSIONI E DEL GARANTE
I decreti sono stati elaborati dalle tre commissioni coordinate da Glauco Giostra e istituite dal ministro Orlando quando, a giugno del 2017, la legge penitenziaria passò in via definitiva. Le tre commissioni avevano tempo di elaborare i decreti attuativi entro fine dicembre, ma grazie anche alla pressione esercitata dal Partito Radicale attraverso lo sciopero della fame di Rita Bernardini e Deborah Cianfanelli e ai 30 mila detenuti che hanno aderito al Satyagraha, i componenti delle commissioni hanno lavorato ininterrottamente per cinque mesi fino a consegnare con largo anticipo, sul tavolo di Palazzo Chigi, i testi dei decreti. Quest’ultimi erano poi stati tramessi all’ufficio del Garante nazionale dei diritti dei detenuti.
presieduto da Mauro Palma e composto da Emilia Rossi e Daniela De Robert, per visionarli e apportare delle osservazioni. L’ 11 dicembre scorso, il Garante aveva consegnato l’ultima parte dei decreti e il resto della storia la conosciamo. Il 22 dicembre il Consiglio dei ministri ha approvato in maniera preliminare tutti i testi. Il guardasigilli, all’indomani dell’approvazione, ha espresso felicitazioni e, soprattutto, ha ringraziato il Partito Radicale per il suo impegno. «Se si deve citare una forza politica – ha detto il ministro Orlando ai microfoni di Radio radicale devo ringraziare i radicali. A volte loro diffidavano delle reali opportunità di riuscita di questo lungo percorso e per questo mi sono sentito messo in mora da loro, ma senza questo stimolo non saremmo arrivati dove siamo arrivati. La battaglia pubblica e politica – chiosa Orlando l’hanno fatta i Radicali!».