«Chi non ascolta le voci di chi è in carcere si macchia di gravi responsabilità». È una affermazione forte quella pronunciata ieri dal procuratore di Napoli Giovanni Melillo all’evento voluto dall’Ucpi nel giorno dell’astensione per l’“Emergenza carcere”.

Emergenza carcere

Chi si gira all’altra parte è dunque corresponsabile della deriva. La buona condotta richiede invece attenzione: «In occasione della rivolta a Poggioreale, due magistrati del mio ufficio», ha aggiunto Melillo, «si sono recati ad ascoltare le ragioni esposte civilmente da due detenuti. La legalità non si arresta di fronte al cancello di un penitenziario. Chi in Procura lavora sul carcere incontra le Camere penali, il garante nazionale, e costruisce con loro azioni concrete».

Da qui il plauso all’iniziativa: «Ringrazio i penalisti napoletani e l’Ucpi per l’impegno sul tema e per aver organizzato l’evento. Ma credo anche che la magistratura debba assumere un più chiaro ruolo da protagonista nella tutela dei diritti all’interno del circuito penitenziario» .

Gli interventi

Per il Presidente della Camera Penale di Napoli, l’avvocato Ermanno Carnevale, «questi riconoscimenti  - commenta al Dubbio - rivolti all'avvocatura napoletana dai  vertici dei nostri uffici giudiziari, dei quali siamo naturalmente  grati, credo rappresentino il frutto e testimonino il nostro costante impegno, in particolare su temi di civiltà giuridica, come quello del rispetto dei valori costituzionali nei luoghi di pena, sui quali non ci sono né potrebbero mai esserci divisioni di sorta tra tutti coloro che operano nel mondo della giustizia, quale che ne sia il ruolo o la funzione».

La stessa sintonia tra le parti è stata sottolineata da Giuseppe De Carolis, presidente della Corte d’Appello di Napoli: «In un contesto in cui assistiamo pericolosamente a una deriva carcerocentrica, la tutela dei diritti deve unire magistrati e avvocati. È l’assetto costituzionale della giustizia che va difeso. Se fallisce il carcere fallisce tutto il sistema penale», ricorda De Carolis.

E di fallimento strutturale del sistema carcerario ha parlato Maria Luisa Palma, direttrice della casa circondariale di Poggioreale: «Il sovraffollamento è frutto di scelte politiche criminali. Noi ospitiamo 2.400 detenuti. Il numero regolamentare lo abbiamo potuto registrare solo nel mese successivo all’indulto. Per riportare l’esecuzione penale nella legalità non bastano i direttori delle carceri, gli agenti, gli educatori: devono essere la politica e la società civile a cambiare le cose».

Luigi Riello, procuratore generale di Napoli, spiega che la soluzione va cercata in particolare attraverso un equilibrio finora sfuggito: «Assistiamo spesso a un pendolarismo tra impulsi forcaioli e ipergarantisti. Invece il sistema dell’esecuzione va rivoluzionato nel codice penale, affinché la pena non equivalga solo alla reclusione ma anche a sanzioni alternative al carcere, che siamo allo stesso modo persuasive».