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La presunzione di innocenza in Italia è fortemente influenzata dai media, dai pregiudizi e dalla presenza delle gabbie nelle aule dei tribunali. È quanto si evince dal report dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali ( Fra), che ha preso in esame il modo in cui la presunzione di innocenza e i diritti correlati sono applicati all’interno dell’Unione europea. In Italia, si legge nel report, la presunzione d’innocenza è tutelata dalla Costituzione. Ma ciò che manca è l’attuazione pratica di tale principio nei procedimenti giudiziari e sui media. Sono troppe le fughe di notizie e le fonti non ufficiali, che distorcono spesso la verità dei fatti e sviliscono il principio di presunzione d’innocenza.
Ma la sfida cruciale, si legge nel report, riguarda la «sproporzionata attenzione» prestata dai media alla fase istruttoria e alla fase iniziale del procedimento, quando i pubblici ministeri «hanno necessità di dimostrare la solidità dell'accusa e di sostenere il coinvolgimento dell'imputato nel caso». Ma è scarsa l’attenzione riservata allo sviluppo e alla conclusione del procedimento: «Gli imputati, spesso presentati come colpevoli dai media durante la fase delle indagini, non hanno l'opportunità di ripulire la propria reputazione se danneggiata poiché nessuna attenzione viene prestata al risultato del procedimento», si legge. Per quanto riguarda le indagini, gli avvocati di diversi Stati membri hanno manifestato la convinzione che la polizia si concentri molto di più sulla raccolta di prove a carico che non a discarico.
Atteggiamento che, in Italia, gli avvocati attribuiscono anche ai pubblici ministeri. «Le indagini preliminari compromettono il principio della presunzione di innocenza, perché i pubblici ministeri dovrebbero cercare prove a carico dell'imputato ma anche a discarico.
Questo è qualcosa che - in 16 anni di esperienza professionale - ho visto molto raramente», ha sottolineato un avvocato italiano. Per quanto riguarda gli effetti della copertura mediatica sulla presunzione di innocenza, molti avvocati degli Stati membri hanno evidenziato l’importanza della libertà di stampa e il ruolo unico dei media come “cane di guardia” del potere, anche giudiziario, ma la copertura mediatica finisce per incidere sull'equità complessiva dei procedimenti. Se da un lato ciò può risultare vantaggioso, aumentando la trasparenza dei processi, dall’altro i giornali possono esercitare «pressioni» sui tribunali, come ha evidenziato un procuratore portoghese, secondo cui spesso «influenzano l'opinione pubblica senza avere la completa conoscenza di casi penali». Fenomeno che accade anche in Italia: «Una volta che il sospetto è stato identificato , la presunzione d'innocenza è in qualche modo già violata. Anche se le accuse sono successivamente confutate, è difficile da correggere sui media», ha testimoniato un giornalista. Il problema principale riguarda gli imputati in custodia cautelare che vengono accompagnati in aula dagli agenti penitenziari e controllati durante l'udienza: alcuni tribunali prevedono percorsi separati, in modo da evitare il contatto con il pubblico e i media.
Spesso partecipano in un'area separata dell'aula fornita di sbarre, la cosiddetta ' gabbia'. Situazione, questa, che ha un forte impatto sull'immagine pubblica degli imputati e di conseguenza sulla loro presunzione di innocenza. «Il fatto che un imputato sia tenuto in gabbia può generare nella stampa la convinzione della colpevolezza dell'imputato. A volte questa scelta si basa sul pericolo; altre volte l'imputato è trattenuto lì anche un pericolo non c’è», ha evidenziato un giudice italiano. E la presunzione d’innocenza vale meno quando l’imputato è accusato di reati di mafia.