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A meno di un anno dalla sua scomparsa, avvenuta il 23 giugno 2017, Stefano Rodotà è stato ieri al centro di un convegno sulla grande incognita dei diritti nella postmodernità globalizzata e nel distacco dalla politica, voluto dalle toghe di Magistratura democratica, dal dipartimento Scienze giuridiche della facoltà di Giurisprudenza della Sapienza e dalla Fondazione Lelio e Lisli Basso. Da tutti Stefano Rodotà è stato ricordato come colui che ha rotto il vecchio schema interpretativo della scienza giuridica, facendo del diritto lo strumento per garantire i diritti fondamentali delle persone. Ad aprire i lavori Mariarosaria Guglielmi, segretaria generale di Md: «Gli siamo tutti debitori per il suo impegno a favore dei diritti e della democrazia. Md deve molto a lui. Le sue parole alla nostra assemblea del 2016 cambiarono il corso della storia di Md, che in quel momento sembrava segnato». Così scriveva Rodotà: «Proprio lo spirito critico e autocritico, lo sguardo largo sulla società e sulla propria funzione, sono particolarmente necessari oggi, in un tempo di regressione culturale che si traduce in un impoverimento della politica, che sta producendo anche pericolose forme di disincanto, di ritirata dalla scena pubblica, proprio nel momento in cui massimo dovrebbe essere l’impegno di tutti per mantenere le condizioni indispensabili per il mantenimento degli equilibri costituzionali». Un lungo commosso applauso della numerosa platea ha accolto il discorso di Luigi Ferrajoli, emerito di Filosofia del Diritto: «Oggi viviamo il ribaltamento del progetto costituzionale e di quella concezione alta della politica che Stefano Rodotà ha impersonato, e che è abissalmente lontana dalla politica bassa di questi anni. Tutti noi ci siamo illusi per un momento che Stefano potesse diventare presidente della Repubblica. Ma lui era troppo diverso dagli uomini politici che avrebbero dovuto votarlo, era rappresentativo della parte migliore del Paese ma non certamente dell’odierno ceto politico e il fatto che la sinistra non abbia almeno pensato di votarlo è un segno della sua distanza dalla società». Guido Alpa,ordinario di diritto civile alla Sapienza di Roma, già Presidente del Cnf ha poi messo in evidenza il contributo fondamentale di Rodotà nella riscrittura dei principali istituti del diritto civile ( contratto, proprietà e responsabilità civile) alla luce della tecnica della clausola generale, e si è soffermato sul ruolo del giudice nel rinnovamento della scienza giuridica: «Rodotà aveva un grande rispetto per il ruolo del giudice come custode dei valori della Costituzione, mediatore degli interessi delle parti in conflitto e dei privati rispetto agli interessi pubblici. Il giudice diventa il tutore degli interessi deboli, dell’interesse pubblico nell’ambito delle attività di carattere privato. Rodotà ha accompagnato i due fenomeni che hanno contrassegnato dagli anni Settanta in poi l’evoluzione del diritto civile: la costituzionalizzazione e l’europeizzazione».