GUGLIELMI VS PONIZ E ALBAMONTE

Un giorno forse la crisi interna alla magistratura progressista si studierà nei manuali di storia delle dottrine politiche. È vero che proprio a sinistra i partiti propriamente detti hanno già dato esempi di conflittualità impensabili. Ma la contraddizione che ha portato alla fuoriuscita di 26 big di Area da Magistratura democratica ha qualcosa di originale, perché riflette il dissenso su un iniziale tentativo di semplificazione. A lasciare la storica corrente “di sinistra” sono le primissime linee del più ampio raggruppamento, Area appunto, in cui la stessa Md è confluita, e di cui tuttora ( ma forse ancora per poco) fa parte. Tra i fuoriusciti ci sono due ex presidenti dell’Anm: Eugenio Albamonte, che è anche il segretario di Area, e Luca Poniz. Le loro scelte di separazione dalla casa originaria sono state definite «pericolose» da Mariarosaria Guglielmi, che di Md è la segretaria. «Rischiano di essere distruttive e di dividere il fronte della magistratura progressista», di creare «una frattura insanabile al suo interno» e di «pregiudicare la prospettiva di una magistratura progressista plurale ma unita sui valori», ha scritto Guglielmi in una lunga nota diffusa il giorno di Santo Stefano ( e ampiamente ripresa su ildubbio. news). Ieri sono arrivate le repliche proprio di Poniz e Albamonte, affidate all’Adn- Kronos. Che testimoniano la presenza di due diversi livelli. Uno appunto quasi politologico, l’altro molto concreto. Poniz parla innanzitutto di un «corso politico nel quale non ci si riconosce più, e se non ci si riconosce in un corso politico, sul quale non si ha la possibilità di incidere, lo si lascia».

Considerazioni riprese da Albamonte: «La scelta di creare Area è stata coraggiosa e innovativa, rispetto alla quale le dirigenze di Md che si sono succedute hanno investito molto. Si trattava dell’idea di creare un campo progressista più ampio in cui far convergere non solo i due gruppi fondatori, ma aprirsi a una rilettura dei temi della magistratura progressista che li declinasse in modo coerente con i tempi che stiamo vivendo. Un percorso», osserva il segretario di Area, «che quattro anni fa ha subito una battuta d’arresto: negli ultimi due congressi Md ha tirato energicamente il freno», secondo Albamonte, «una vera e propria inchiodata su quel percorso», rivolta a «recuperare a tutto campo la soggettività politica di Md. Ciò ha innescato una difficile convivenza tra i due soggetti politici di cui uno voleva sempre di più essere autonomo ma all’interno di un soggetto più grande». Chiaro.

Ma poi Poniz segnala questioni molto stringenti su cui quella «soggettività» si è manifestata: la posizione assunta contro la permanenza di Davigo al Csm, attraverso l’articolo pubblicato su Questione giustizia dal direttore della rivista, Nello Rossi, per esempio. «Lì non ha pesato il merito della decisione, peraltro rispettabile, ma il metodo, che in politica è sostanza, e il metodo è stato sbagliato». Inoltre, dice Poniz, «il gruppo di Md è sempre stato favorevole all’interruzione della prescrizione almeno dopo la sentenza di condanna, ma noi ci siamo trovati una modifica della posizione per bocca del segretario e del presidente di Md senza che ci sia mai stato un dibattito». E qui le assonanze con la politica si fanno evidenti.

Si diverge su temi cruciali. Sì, nel metodo, prima che nel merito. Ma certo, dopo una vicenda simile, sarà meno sostenibile la tesi di chi vorrebbe le correnti circoscritte nel perimetro della rappresentanza categoriale.

Questa è politica, altro che.