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Non è un buon auspicio per Virginia. Raffaele Marra andrà a giudizio, e il processo, con rito ordinario, inizierà prima del suo “abbreviato”, cioè il prossimo 20 aprile. Ma il punto stavolta non è nel calendario delle udienze per i due ex «amici al bar» accusati per la stessa “tentata” nomina, quella del fratello di Marra, Renato. La questione piuttosto riguarda il merito. Se pure la decisione sulla necessità di celebrare il dibattimento, assunta ieri dal gup di Roma Raffaella De Pasquale, non ne anticipi in alcun modo l’esito, è anche vero che al vaglio finora più importante, l’ipotesi della Procura capitolina su Marra, abuso d’ufficio, non si è rivelata infondata. Vuol dire che anche secondo la giudice, l’ex capo del personale ed ex braccio destro della sindaca potrebbe aver avuto effettivamente un ruolo nella scelta di nominare suo fratello Renato a capo della direzione Turismo del Comune. Se davvero le cose fossero andate così, vorrebbe dire che Raggi avrebbe mentito, quando dichiarò alla responsabile Anticorruzione del Campidoglio di aver compiuto quella nomina da sola, senza ascoltare Raffaele; e che dunque avrebbe effettivamente commesso il reato per il quale andrà a giudizio immediato – come chiesto dai suoi difensori – il prossimo 21 giugno, ovvero falso documentale. Tecnicamente Raggi potrebbe essere assolta e, di qui a quando si concluderà il rito ordinario per Raffaele Marra, quest’ultimo successivamente condannato. Ma da ieri la posizione della sindaca è un po’ più complicata di quanto non fosse già.
Non è stata una giornata facile per nessuno dei due. Ieri la prima cittadina a cinque stelle avrebbe dovuto comparire insieme con il coindagato davanti al gup: un destino processuale divaricatosi venerdì scorso, quando la stessa giudice aveva accolto la richiesta di processo immediato presentata dai legali di Raggi. Gli avvocati di Marra invece hanno prodotto davanti alla dottoressa De Pasquale una memoria in cui si sostiene che la nomina ( poi saltata) del fratello Renato, vicecomandante della polizia municipale, a capo della direzione Turismo, non avrebbe rappresentato per nessuno né un «ingiusto vantaggio patrimoniale» né un «danno ingiusto». La difesa ha dunque tentato di “svuotare” l’ipotesi dell’abuso d’ufficio, reato che sussiste appunto qualora si determini un danno all’amministrazione e un altrettanto ingiusto vantaggio a terzi. Non è servito. Andato via da Palazzo di Giustizia, l’ex braccio destro di Raggi si è rivolto con aria nervosa ai cronisti, liquidati con un secco «con voi non parlo».
Nella stessa mattinata si è registrato un passaggio importante per l’altro processo in cui Marra è imputato, quello già in corso davanti alla seconda sezione penale in cui l’ex capo del Personale risponde di corruzione con Sergio Scarpellini. Il dibattimento è stato sospeso fino al 13 aprile, anche in questo caso dunque a data successiva alle prossime Politiche. Secondo la perizia medica eseguita su Scarpellini, l’ 80enne imprenditore non sarebbe in grado di stare in giudizio, a causa delle gravi condizioni di salute relative alla patologia per cui lo scorso ottobre ha subito un intervento alla tesa. Il Tribunale ha ordinato ulteriori accertamenti anche ai fini un eventuale stralcio della posizione dell’imputato accusato di aver corrotto Marra con 370mila euro. Somma che sarebbe stata versata nel 2013 e che sarebbe servita per acquistare un immobile a Prati Fiscali, quartiere semiperiferico della Capitale.
C’è dunque da una parte un’ulteriore dilazione, ma dall’altra un aggravarsi delle vicende giudiziarie di Marra. E in generale i passaggi di ieri danno l’idea di un lento consumarsi, di un’accusa il cui accertamento si intravede come un po’ più probabile anche per la sindaca, secondo un iter al cui termine pare sempre meno irrealistica la fine anticipata del mandato. Eppure tutto avviene entro i contorni di un’azione giudiziaria attenuata, grazie alla mossa con cui Raggi ha chiesto il giudizio immediato e ha così di fatto ottenuto che non ci fosse una prima pronuncia, quella del gup, a turbare il clima preelettorale del M5s. Difficile distinguere, nel percorso, i caratteri della normale difesa da quelli si una lenta agonia politica. Certo è che la giornata di ieri aggiunge un ulteriore peso all’immagine della prima cittadina. L’amministrazione da lei guidata, infatti, non si è costituita parte civile nel processo a Marra. Decidere in direzione opposta avrebbe smentito la stessa linea difensiva di Raggi, secondo cui appunto Marra non sarebbe stato coinvolto nella nomina del fratello Renato. Ma il mancato convolgimento dell’amministrazione nel giudizio scatena comunque le opposizioni. Innanzitutto il Pd, che con il proprio responsabile Città metropolitane Luciano Nobili parla di «indecenza: non era mai successo con nessun sindaco», sostiene in un tweet l’esponente dem. Fratelli d’Italia sostiene che «i grillini non si smentiscono mai e come al solito utilizzano la trasparenza a intermittenza: cosa sarebbe accaduto se il sindaco non fosse stato un grillino?».
L’aria della Capitale da ieri è un po’ più pesante per Raggi. E un’ombra in più si allunga anche sulla campagna elettorale del suo Movimento.