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Una mattina come un’altra, cinque anni fa, i carabinieri hanno bussato alla sua porta, le hanno messo le manette e l’hanno portata via. È iniziato l’inferno. Titoli feroci suoi giornali, detenzione, gogna, grida in Tv, poi una condanna in primo grado, infine la liberazione con l’assoluzione piena in appello. Non ha commesso il fatto, il fatto non sussiste.
Si chiama Maria Grazia Modena, è una cardiologa molto famosa in tutto il mondo. È professoressa all’Università di Modena e Reggio Emilia, è stata Presidente della Società Italiana di Cardiologia e primario al Policlinico modenese.
In quel mattino del 2012, insieme a lei furono arrestati altri 8 medici. Era l’ operazione "Camici sporchi". L’accusa: associazione a delinquere finalizzata a sperimentazioni cliniche non autorizzate L’inchiesta è finita in una bolla di spone. Lei però ha vuto la vita distrutta. E’ un caso come quello di Ilaria Capua.
La vicenda di Ilaria Capua non è la sola a vedere una delle eccellenze della scienza italiana stritolata dalla macchina difettosa della giustizia e dall’accanimento mediatico. Oggi vi raccontiamo la storia di Maria Grazia Modena, professoressa di Cardiologia dell’Università di Modena e Reggio Emilia, già Presidente della Società Italiana di Cardiologia - la prima donna a ricoprire tale ruolo -, ed ex primario della Cardiologia del Policlinico modenese.
Il suo nome balza agli onori della cronaca, prima nazionale e poi internazionale - Forbes ad esempio -, nel 2012: all’alba del 9 novembre, i carabinieri suonano il campanello della sua casa e le mettono le manette, mentre elicotteri dell’Arma sorvolano su di loro. Insieme a lei vengono arrestati altri 8 medici, vengono effettuate 33 perquisizioni, nonché imposto il divieto a dodici aziende che producono attrezzature cardiologiche di contrattare con la Pubblica amministrazione.
L' operazione "Camici sporchi" impegnò oltre 150 militari dei Nas, coordinati dalla Procura di Modena e individuava una associazione a delinquere finalizzata a sperimentazioni cliniche non autorizzate, all’ installazione di apparecchiature mediche, alcune delle quali difettose, su pazienti ignari e alla creazione di false cartelle cliniche. Il ruolo apicale, secondo il pm Marco Niccolini e l’allora procuratore capo Vito Zincani, all’interno della presunta associazione, era svolto proprio dalla professoressa Modena, che secondo gli accusatori ' promuoveva e tollerava lo svolgimento delle sperimentazioni illegittime presso il reparto da lei diretto, al fine di trarne beneficio in termini di carriera essendo indicata quale autrice di numerose pubblicazioni ed abstract '.
Dal giorno dell’arresto la sua faccia è stata sbattuta sulle prime pagine dei giornali e nei tg che avevano già decretato la sua colpevolezza. Rimase ai domiciliari per 40 giorni, poi, avendo spedito delle email affinché dei colleghi la sostituissero ad al- cuni lezioni ai suoi studenti, fu costretta dalle autorità a risiedere per due mesi al di fuori della provincia di Modena, poiché ritenuta pericolosa e con tendenza a reiterare i suoi crimini. Tornata a Modena ebbe l’obbligo di firma. In primo grado, con rito abbreviato, è stata condannata dal Gup del tribunale di Modena ad una pena di 4 anni e mezzo. Ma nel dicembre dello scorso anno la corte d’Appello di Bologna ha annullato quasi totalmente la sentenza emessa.
L’ex Direttrice del reparto di Cardiologia è stata difatti assolta dai reati più gravi con formula piena per non aver commesso il fatto e perché il fatto non sussiste: associazione a delinquere, corruzione, truffa ai danni dell’ospedale e abuso d’ufficio. Rimane in piedi solo la condanna a otto mesi ( pena sospesa) per falso, per la quale gli avvocati Iovino e Stortoni ricorreranno in Cassazione, in merito a due lettere firmate da lei ma che riportavano dati errati su alcune sperimentazioni. Annullata anche l’interdizione dai pubblici uffici. Ieri la Procura Generale ha deciso di ricorrere in Cassazio-ne contro l’assoluzio-ne. Intanto la professoressa Modena si racconta nel suo secondo libro ' Il Caso cardiologia... la Verità', che segue ' Il Caso cardiologia. La mia vita, la mia verità', entrambi Edizioni il Fiorino.
Si aspettava il ricorso in Cassazione?
Era scontato, contro di me c’è un vero accanimento. La Procura di Modena ha investito troppo in questa inchiesta e non è pronta ad ammettere di aver sbagliato nei miei confronti.
Cosa ha provato nel momento dell’assoluzione, giunta a dicembre in appello?
Ho provato la consapevolezza di quanto sia importante essere dichiarata innocente per una innocente.
Chi era la professoressa Modena prima di quel 9 novembre 2012?
Una persona rispettata, stimata, conosciuta, consapevole di avere ricevuto tanto, anche sotto il profilo cristiano di “talenti”, ma inconsapevole che la vita può cambiare in un attimo dalla sera alla mattina, come quella mattina dell’arresto.
Come ha vissuto il periodo ai domiciliari?
In una specie di limbo, senza mai perdere fiducia in me stessa ( non nella magistratura, come usano dire tutti...), con serenità e speranza per tre motivi: la vicinanza di mio marito, la certezza di avere dei grandi avvocati e di vivere un enorme errore giudiziario, che si sarebbe presto chiarito. E invece è diventato un incubo, ma me sono resa conto solo a posteriori.
Quello che ha colpito lei, ha anche distrutto l’intera reputazione del reparto di cardiologia e la fiducia dei pazienti. Quando riprenderà il Suo posto al Policlinico?
Non lo so, mi si dice da cinque mesi che ci sono tanti interlocutori che si stanno confrontando su di me e sul come reintegrarmi: il Rettore, il Preside, il Direttore Generale del Policlinico, l’Assessore alla Sanità dell’Emilia Romagna, manca solo la Ministra Lorenzin. Credo che il problema sia da ascrivere al fatto che il professor Giuseppe Boriani, peraltro segnalato anche da me quando fui sospesa, ha preso il mio posto e che tutti i sopracitati attori siano stati spiazzati da un’assoluzione così rapida e imprevista.
Lei sintetizza la sua vicenda così: la mia convinzione è che siamo in un Paese dal sistema giudiziario tutt’altro che garantista che tratta gli “innocenti fino a prova contraria” come “colpevoli fino a prova contraria”. Secondo lei cosa non hanno capito i Pm e i giudici di primo grado?
Forse che il merito e il prestigio in ambiente universitario non sono sinonimi di cupidigia, ma sono parte del mondo accademico. Le ricordo che io sono stata condannata per corruzione ascrivibile all’ambizione di veder aumentare le mie pubblicazioni, non per denaro. La mia non era ambizione personale, ma il desiderio di veder crescere un reparto, quello che nel mio primo libro chiamai ' la mitica cardiologia del policlinico” e tale è stata fino alla sua distruzione motivata dall’invidia: questo è un vizio capitale, non l’ambizione.
Lei scrive anche: la poca preparazione - da parte dei Nas in una branca della medicina altamente specialistica e la “scarsa” conoscenza della lingua inglese, soprattutto tecnica, hanno originato errori grossolani che sono emersi durante le udienze. Può spiegarci meglio?
L’inchiesta della Procura di Modena partì da esposti anonimi su elenchi di pazienti deceduti o con complicanze dopo interventi “subìti” presso la cardiologia del Policlinico, poi continuò su elenchi - sempre preparati da anonimi - di sperimentazioni clandestine su pazienti ignari. Morti e feriti però non risultavano da nessuna parte, né risultava un solo caso di malasanità, e allora tutto si concentrò sulle sperimentazioni ( quelle incriminate non erano tali, bensì normali interventi di angioplastiche con raccolta di dati). Ritengo che per indagare su materiali di uso in emodinamica, come cateteri, stent, protocolli, registri, linee guida spesso in lingua inglese, si sarebbe dovuto ricorrere a personale competente in materia o, per lo meno, ricorrere a periti, non a dei Carabinieri.
Sostiene di aver subìto un processo per direttissima, con annessa condanna, attraverso i mezzi di comunicazione. Racconta di essere stata descritta come la “vergogna dei cardiologi senza cuore ', “mela marcia” in una puntata di Quinta Colonna, “mercante di stent “ in una puntata di Report, annoverata fra le “dame nere della sanità' sul Corriere della Sera. Cosa le ha fatto più male leggere?
Mi ha fatto male tutto e nulla, sono arrivata a un punto da sentirmi ferita, ma inossidabile, tranne per due aspetti: il dolore che provava, più di me, la mia famiglia e il panico che si era creato nei pazienti, panico che nessuna Istituzione ha saputo, o voluto, governare.
Lei ipotizza un ' disegno programmato di chirurgia politico- sanitaria, una trama fra Regione e politica sanitaria locale' per colpire lei e il suo operato. Da cosa deduce questo, e secondo lei quale sarebbe stato il motivo?
Modena è una piccola città con da sempre una competizione fra troppi ospedali e soprattutto fra Università e Ospedale. Io ero allora direttore del Dipartimento di Emergenza Urgenza e del Reparto di Cardiologia del Policlinico e in un tavolo di confronto per ridurre le spese, proposi, tra l’altro, l’unione delle varie Cardiologie in unico Dipartimento: mi fu detto di no, anzi fu proprio quello il momento in cui mi scavai la fossa, era il 2011. Ora però stanno attuando il mio progetto, perché la crisi finanziaria è insostenibile. Ero una donna di grande visibilità e a capo di un reparto di eccellenza. Non ti perdonano il successo e di voler competere addirittura con Bologna.
Come ha reagito alla vicenda l’allora presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani?
Mi ha apparentemente ignorata. E quando si arrivò, su pressione, credo, dell’Associazione Amici del Cuore ( da cui poi è partita l’inchiesta), a dovermi confermare nella Direzione della Cardiologia, spinse il Direttore Generale a licenziarmi e questi si oppose. Pagai lo scandalo con la mancata conferma a Direttore della Cardiologia. Non so ancora perché, ma fu allora che cominciò il mio calvario. Certamente il tritacarne mediatico spinse tutti ad abbandonarmi, e il primo fu il Rettore di allora, che avrebbe dovuto per lo meno tutelarmi in attesa di giudizio. Era il mio legittimo” capo”.
Tra i suoi grandi accusatori c’era il dottor Daniele Giovanardi, fratello del senatore. Lei gli dedica il capitolo ' L’ingloriosa fine del “castigatore di costumi”'. Perché?
Da apparente amico ( era allora il mio vice Direttore del Dipartimento di Emergenza Urgenza) diventò, perché vicino al presidente degli Amici del Cuore, uno dei miei più grandi accusatori, presente quasi quotidianamente sui giornali locali, per il suo cognome, ad accusarmi di corruzione, di “sottrarre letti agli infartuati per destinarli alle sperimentazioni”. Poi al processo ordinario l’anno scorso smentì tutto, dicendo che erano voci di corridoio.
Chi tra i suoi colleghi l’ha delusa di più e da chi invece ha ricevuto solidarietà?
Quasi tutti, quando sei in disgrazia, ti abbandonano, ti evitano, ti ignorano. Solidarietà dai pazienti, dai miei ex collaboratori per bene che hanno pagato quanto me, dagli infermieri, dalla gente comune.
Dalle strade di Modena però le hanno gridato “troia” e “assassina”. Oggi com’è il suo rapporto con la città?
Non amo più questa città, che mi diede tanto; ora mi abbracciano e si congratulano con me per l’assoluzione, ma quando scoppiò lo scandalo mi trattarono come una appestata. Sono nata in un paesino di provincia, che invece non mi ha mai voltato le spalle.