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Lucano
La sentenza di condanna per Mimmo Lucano divide anche le correnti della magistratura. In una nota Magistratura indipendente in una nota scrive di rifiutare «di prestare il fianco a qualunque critica preconcetta, che non sia basata sull’esame dei motivi delle decisioni, che ancora non sono stati resi noti, e rifiutiamo ancora di più gli attacchi mirati alla persona dei singoli magistrati, invece che alle ragioni dei loro verdetti. Sono metodi propri di un certo modo di fare politica, che non ci appartengono ed ai quali prendiamo distanza con forza». Gli eletti nella lista di Articolo 101 al comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati, Giuliano Castiglia,Stefania Di Rienzo, Ida Moretti e Andrea Reale, chiedonol’intervento dell’An. In una nota scrivono di unirsi «a tutti coloro che hanno già espresso piena solidarietà ai colleghi del Tribunale di Locri, fatti bersaglio di inusitati e ingiustificabili attacchi soltanto per avere esercitato le loro funzioni. La semplice lettura dell’imputazione e del dispositivo della sentenza, da cui emerge che Domenico Lucano è stato ritenuto responsabile di oltre 20 gravi reati, dimostra facilmente che nel provvedimento non c’è nulla di abnorme». Di tutt'altro avviso il segretario generale di Magistratura democratica Stefano Musolino, che nel suo intervento conclusivo al convegno "Un mare di vergogna", dedicato al tema dell’immigrazione e organizzato da Md con l’Asgi a Reggio Calabria critica queste posizioni. «La richiesta di interventi dell’Anm a tutela» della sentenza emessa dal tribunale di Locri nei confronti di Mimmo Lucano «accresce la percezione pubblica di una magistratura chiusa, auto-percepita come casta sacerdotale che tutela i suoi riti e le sue pronunce, non si interroga sugli inevitabili effetti sociali dei suoi provvedimenti e, perciò, non ne tollera le critica, sollevando l’alibi del tecnicismo». «Dentro la magistratura associata, alcuni gruppi hanno invocato interventi a tutela dei giudici di Locri, investiti dalle critiche per l’entità della pena», ha ricordato Musolino, sottolineando che «non possiamo valutare una sentenza senza prima conoscerne le motivazioni, ma possiamo interrogarci sulle ragioni per cui una sentenza suscita questo clamore. Ed abbiamo un dato oggettivo, da tutti verificabile: l’entità della pena, un elemento della decisione su cui ogni giudice esercita una discrezionalità che è anche figlia di una sensibilità valoriale. Una pena quella inflitta a Lucano, pari a quella comminata, a queste latitudini, per gravi reati di mafia». Secondo il segretario di Md, «dobbiamo prendere atto che, a prescindere dalla volontà dei giudici, per comprendere la quale dobbiamo attendere le motivazioni, la misura della pena è stata intesa nella percezione pubblica diffusa, sia quella che si è espressa in senso favorevole, sia quella che si è espressa in senso contrario agli imputati, come una condanna inflitta non solo a loro, agli imputati, ma all’intero sistema di accoglienza, organizzato a Riace. A questo, dunque, una parte dell’opinione pubblica si è ribellata. Vi è, infatti - ha osservato Musolino - una parte dell’opinione pubblica che riconosce in quel sistema di accoglienza, una modalità innovativa, avanzata, da prendere a modello, anche se singol epersone ne hanno abusato ed hanno commesso reati. Il messaggio proveniente da una parte dell’opinione pubblica sembra essere :potete condannare le persone, ma una pena di una tale portata finisce per condannare un modello di accoglienza».