Ahmed è egiziano e dal 2021, quando è approdato sulle coste calabresi in cerca di una speranza, si trova in carcere. L’accusa è quella classica: essere uno scafista, un trafficante di esseri umani. Anche se lui si è sempre professato innocente, dichiarandosi solo uno dei tanti passeggeri di una bagnarola scassata che lo ha fatto arrivare sano e salvo, chissà come, in Italia. Ahmed, però, è stato condannato in via definitiva. La sua pena terminerà tra pochi giorni, ma il suo non sarà un lieto fine. Perché in carcere ha a lungo urlato di stare male, senza essere ascoltato. E ora per lui è troppo tardi: quello che era sembrato un capriccio si è rivelato, in realtà, un tumore al pancreas al quarto stadio. A raccontarlo è Domenico Lucano, sindaco di Riace ed europarlamentare di Avs, contattato dall’ospedale per dare un’ultima speranza ad Ahmed: quella di una casa oltre le sbarre. E di affetto.

«Ahmed sta morendo», spiega Lucano. «La sua pena dovrebbe concludersi a metà marzo, ma il destino ha preso una piega tragica. Più volte, in carcere, ha segnalato i gravi problemi di salute, lamentando dolori che non sono mai stati presi sul serio - sottolinea -. Anni di trascuratezza hanno portato il suo corpo a cedere: una mattina, i sintomi sono diventati troppo evidenti per essere ignorati».
Così, il primario di oncologia dell’ospedale di Locri ha contattato Lucano chiedendo se ci fosse posto per lui a Riace. «Non sapevano come gestire la situazione — racconta il sindaco — perché è inutile trovare un’altra sistemazione per lui». Ahmed sta trascorrendo gli ultimi giorni della sua vita al Villaggio Globale della città dei bronzi, un tempo cuore pulsante dell’accoglienza in Italia, poi smantellato dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, ma rinato dalle ceneri con le sole forze dei volontari, che si sono rimboccati le maniche per portare avanti l’accoglienza senza fondi pubblici.

«Aveva gli occhi completamente gialli, una cosa impressionante. La sua condizione è diventata evidente quando, a seguito di alcune analisi, sono stati riscontrati valori di bilirubina altissimi, che segnalavano una compromissione epatica gravissima - continua Lucano -. Gli accertamenti medici successivi hanno rivelato la diagnosi, una condizione che non lascia alcuna speranza di sopravvivenza». La sua storia non è solo quella di un malato terminale, ma di un essere umano lasciato senza cure e privato della possibilità di rivedere la propria famiglia: cinque figli rimasti in Egitto, lontani da lui da quattro anni. E probabilmente ignaro della gravità della sua condizione, conserva il desiderio di riabbracciare i suoi cari, un sogno che rischia di non realizzarsi.

«Ora è nostro ospite - afferma Lucano -. Anche se i progetti di accoglienza non esistono più, ho deciso di assumermi questa responsabilità in qualità di sindaco, come rappresentante di un’istituzione che comunque riconosce in quella persona un essere umano». Lucano domani si recherà in qualità di europarlamentare al carcere di Reggio Calabria, per chiedere «come è stato possibile ignorare le richieste di aiuto di Ahmed per così tanto tempo e per capire se ci sono altri detenuti nelle sue condizioni. È una barbarie — aggiunge — forse poteva essere salvato, ma è stato abbandonato. E ora, quando è troppo tardi, si accorgono della sua malattia».

Ma non solo: Lucano si recherà anche in Prefettura, per chiedere il reinserimento di Riace nel sistema dei progetti di accoglienza. «All’epoca, Riace fu buttata fuori dallo Sprar da Salvini, ma sia il Tar sia il Consiglio di Stato ci hanno dato ragione, sostenendo che quella scelta fu illegittima», sottolinea. Il progetto fu infatti chiuso nel 2019 e i migranti portati via da Riace. Alcuni, nonostante non ci fosse alcuna garanzia, decisero di rimanere comunque, fuori dai progetti d’accoglienza. E da allora quell’esperienza diventata famosa in tutto il mondo si è interrotta bruscamente. I giudici amministrativi furono poi chiari: «L’Amministrazione statale prima di adottare qualunque misura demolitoria deve attivarsi per far correggere i comportamenti non conformi operando in modo da riportare a regime le eventuali anomalie», scriveva il Consiglio di Stato, sottolineando come «il potere sanzionatorio/demolitorio è esercitabile solo se l’ente locale che si assume sia incorso in criticità sia stato avvisato, essendogli state chiaramente esposte le carenze e le irregolarità da sanare, gli sia stato assegnato un congruo termine per sanarle, e ciò nonostante, non vi abbia provveduto». Cosa che non era stata fatta. E «che il modello Riace fosse assolutamente encomiabile negli intenti ed anche negli esiti del processo di integrazione — si leggeva nelle sentenze — è circostanza che traspare anche dai più critici tra i monitoraggi compiuti».

Insomma, quell'atto non aveva fondamento. Ma nel frattempo Riace fu svuotata. La vicenda di Ahmed diventa così emblematica di un sistema spesso incapace di riconoscere la dignità delle persone. «Ahmed non è uno scafista, è un profugo, né più né meno degli altri», ribadisce Lucano. L’unica certezza che rimane è quella di un’accoglienza tardiva, ma profondamente umana. «Ha bisogno di una carezza, prima di tutto», conclude Lucano. L’ennesimo gesto di solidarietà di Riace.