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Si fa quasi fatica a credere che il documento diffuso ieri da Magistratura democratica provenga da una componente associativa delle toghe anziché dall’avvocatura. Soprattutto quando ci si imbatte in un passaggio, solo in apparenza marginale, della nota intitolata “I rischi dell’udienza telematica”, relativo a un aspetto sollevato finora solo dalle Camere penali: l’impossibilità di una serena comunicazione fra il difensore e l’assistito in stato di detenzione qualora si trovino collegati da due postazioni virtuali diverse: «Nel nostro ordinamento, le ipotesi di processo a distanza sono disciplinate come eccezioni, in ragione sia del diverso valore assunto dalle dichiarazioni rese da testi e imputati in un esame a distanza, sia del valore del contatto continuo con il difensore. La presenza fisica, dunque, è garanzia», ricorda l’esecutivo di Md, «non solo del diritto di difesa, ma anche del risultato epistemologico».
Un simile argomento è solo uno dei numerosi citati nell’invito a «rifuggire dalla tentazione di credere che tutte le facilitazioni permesse dalla crisi possano costituire un buon lascito per il futuro. Questo pensiero, infatti, potrebbe divenire il pretesto perché, terminata la fase critica, si introducano o stabilizzino deroghe a quelle norme che la nostra legislazione ha introdotto per tutelare e garantire al massimo i diritti e le libertà», è l’allarme sollevato da Magistratura democratica. Ora, il valore politico della nota è notevole, per molti motivi. Primo fra tutti, evidentemente, perché si tratta di un manifesto a cui potrebbe tranquillamente aderire l’Unione Camere penali. In secondo luogo perché la componente guidata dal presidente Riccardo De Vito e dalla segretaria Mariarosaria Guglielmi fa parte di un gruppo più ampio, Area, che oggi è maggioritario nell’associazionismo giudiziario, e il cui segretario Eugenio Albamonte è intervenuto nei giorni scorsi proprio dalle colonne di questo giornale per introdurre quanto meno un invito alla non preclusione su qugli strumenti tecnologici che, a emergenza superata, potrebbero a suo giudizio essere comunque funzionali.
Le pur caute aperture di Albamonte sono state “controdedotte” sul Dubbio di ieri da Eriberto Rosso. Adesso è Md ad avanzare forti remore per l’uso improprio che altri potrebbero fare della giustizia virtuale. Si tratta di una dialettica preziosissima per l’avvocatura, non tanto perché nelle divisioni sia agevole infilarsi, ma perché un confronto fra magistrati su temi che interferiscono col diritto di difesa conferma come la giurisdizione non sia una trincea, e che proprio per questo può essere un terreno fruttuoso di idee per la politica. L’esecutivo di Md ricorda la sospensione dei termini nel penale e nel civile, con contestuale rinvio di tutte le udienze tranne quelle «connesse allo stato di restrizione della libertà personale, nel processo penale, e alla vulnerabilità del destinatario della tutela, nel processo civile». Ed è per tali «attività non sospese» che si fa ricorso a collegamenti da remoto. Pur consapevole di come tale sistema consenta di «non mandare in quarantena» la giustizia, e che «la formazione e comunicazione, anche nel penale, di atti e documenti – a condizioni di reciprocità con l’avvocatura – è certamente un dato positivo» da valorizzare, Magistratura democratica sostiene che, cessata l’emergenza coronavirus, «occorrerà tornare alla “normalità”». Non solo nel penale ma anche nel civile, dove «l’udienza da remoto e la trattazione scritta rischiano di vanificare i positivi risultati della trattazione effettiva dei processi in udienza, a partire da un tasso di definizione conciliativa molto elevato» . Ma è chiaro che le lesioni più gravi potrebbero configurarsi nel penale, scrivono le toghe di Md, in particolare «nelle udienze di convalida dell’arresto e del fermo». In quelle circostanze, «in cui si deve valutare la legittimità dell’operato della Pg», è necessario che «l’arrestato sia a contatto fisico con il giudice chiamato a decidere, in una posizione anche soggettiva di non condizionamento, che gli consenta un esercizio pieno del diritto di difesa; una posizione, questa, oggettivamente non garantita», ricorda la nota di Md, «dalla condizione di stretto contatto con chi ha effettuato l’arresto o il fermo».
Splendido esempio di illustrazione del diritto penale vivente. Che riecheggia pure nel passaggio in cui si esprime «perplessità» per «tutte le ipotesi che decontestualizzano la decisione, ipotizzando camere di consiglio delocalizzate, con gravi dubbi su riservatezza, ponderazione e valore delle decisioni assunte in tali modi».
È presto, visto il lento evolversi del quadro epidemiologico, immaginare cosa accadrà. Ma è certo che l’avvocatura troverà nella magistratura interlocutori preziosi per preservare ancora la tutela dei diritti.