Il gip, la settimana scorsa, ha archiviato definitivamente la vicenda del suicido di Luca Soricelli, morto nel dicembre 2016 al carcere di Trento. Caso chiuso. Ma non solo. Il gip ha archiviato anche il caso sui presunti maltrattamenti subìti da alcuni detenuti sempre nel carcere trentino. Il giudice, che ha accolto la richiesta del pm Davide Ognibene ( il sostituto procuratore aveva ritenuto i racconti dei detenuti non credibili), parla di «episodi sporadici, quantunque ritenuti provati, fatti assolutamente deprecabili - precisa - da sanzionare disciplinarmente, ma non sembra possibile poterli inquadrare nel reato di maltrattamenti». Il giudice non mette in dubbio la possibile veridicità dei fatti raccontati, ma perché siano ritenuti reato devono esserci una serie di condotte aggressive, attuate in un arco temporale più ampio. Per quanto riguarda il caso di Soricelli, la sua vicenda era stata denunciata alla Procura anche dal garante nazionale dei detenuti Mauro Palma. A dicembre del 2016 era stato portato al carcere e messo nella cella dell’infermeria insieme a un altro detenuto. Tre giorni dopo il suo ingresso, colto dalla disperazione, ha deciso di farla finita impiccandosi al cancello della cella. Quando l’agente ha fatto visita alla cella per lui non c’era più nulla da fare. Eppure non dove- va neppure starci in carcere visto il suo stato psicofisico mentale precario. Era stato arrestato nella notte dai carabinieri per l’incendio appiccato al distributore di benzina di via Cavour a Rovereto. Un gesto folle. Quando i carabinieri lo avevano fermato era stato trovato in stato confusionale e poco lucido. Il trentacinquenne pochi minuti prima aveva pagato di tasca propria 150 euro di benzina, poi aveva cosparso di carburante le pompe del distributore e aveva appiccato il fuoco. L’intervento di uno dei gestori prima e quello dei vigili del fuoco poi aveva scongiurato il peggio, ma i danni sono stati comunque ingenti. Dal momento dell’arresto non ha detto una parola, forse non ha nemmeno parlato con lo psichiatra che l’ha visitato e assicurato sulla sua idoneità a essere rinchiuso in una cella. Luca era risultato idoneo per il carcere. Talmente idoneo che tempo tre giorni si è poi impiccato con un lenzuolo intorno al collo. Eppure la storia di Luca, segnata dal disagio sociale che intaccato la sua capacità psichica, era cosa nota ai servizi e alle strutture pubbliche di assistenza sociale e psichiatrica.